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125<br />

Introduzione<br />

anche per il Mezzogiorno d’Italia, in cui la monarchia di casa d’Austria dovette<br />

non solo riconoscere i privilegi della capitale e delle altre città demaniali, ma<br />

anche praticare nei confronti della feudalità una politica conciliante o addirittura<br />

protettiva 368 .<br />

L’ordinamento vigente, che pur appariva incongruo e incoerente al Toledo<br />

che ne ordinava un riesame 369 , rappresentava infatti nella sua contradditorietà<br />

il prodotto del concorso e della complessa influenza reciproca di norme di varia<br />

provenienza; di privilegi usi abusi; di tensioni politiche in equilibrio; di interessi<br />

programmaticamente affermati, in un plurisecolare processo di adattamento.<br />

Ogni elemento di progettualità innovativa non poteva quindi essere tradotto<br />

in pratica, se attorno alla volontà governativa non veniva prima a convergere<br />

e, in parte, a coagularsi il sostegno di alcuni gruppi sociali influenti. D’altronde,<br />

le istituzioni vicereali avevano ancora caratteri pattizio-signorili ed erano ben<br />

lontane dall’assumere tratti assolutistico-ministeriali, anche se l’istituzione di<br />

nuovi organi di governo e il sostegno dato alla formazione e al consolidamento<br />

del ceto togato, l’élite sociale su cui i sovrani avrebbero voluto far leva, rappresentano<br />

un tentativo di ridisegnare gli assetti istituzionali e di alterare gli equilibri<br />

sociali a vantaggio della Corona. Le ricerche di Giovanni Muto hanno mostrato<br />

la centralità assoluta assunta dalla Camera della Sommaria nella realizzazione<br />

di tale progetto, che avrebbe dovuto avere il suo fulcro nello sviluppo di<br />

un ceto politico-amministrativo omogeneo, altamente specializzato e fedele<br />

alla Monarchia. Al vertice della struttura sociale, forte delle sue funzioni e<br />

competenze, restava però l’antica nobiltà; ogni esercizio di governo non poteva<br />

quindi prescindere da essa; ne risultava un’inestricabile compenetrazione di<br />

«mediazione burocratica» e «mediazione di notabili» 370 , che si configurava in<br />

368 Per i privilegi della capitale e delle altre città demaniali cfr. Schipa, Il popolo, pp. 672 sgg.;<br />

D’Agostino, La Capitale, pp. 109 sgg., passim. Sulla politica feudale Cortese, Feudi, ma soprattutto<br />

Cernigliaro, Sovranità. Ajello, Presentazione, p. XXXI, sottolinea la pervasività “totale” dello “stato”<br />

carolino, ridimensionando l’autonomia e il conseguente peso politico della feudalità: «L’estendersi<br />

di alcuni poteri feudali, lungi dall’essere in contraddizione con il rafforzarsi del potere statale, ne fu<br />

diretta conseguenza. Infatti la giurisdizione baronale poté crescere perché si adattò al mutamento<br />

del suo significato giuridico formale, ossia perché fu inserita in un organigramma che sottoponeva<br />

l’intera feudalità ad una regola, l’inquadrava in uno statuto diverso, dove di diritto era previsto un<br />

efficace controllo, e di fatto era attuato quando appariva utile alle magistrature». Questa linea<br />

interpretativa trova più decisa e articolata formulazione nel già citato volume del Cernigliaro. Con<br />

ogni probabilità, tale interpretazione risente dell’influenza dell’ermeneutica weberiana del<br />

feudalesimo come forma strutturale dell’amministrazione degli stati patrimoniali e prebendali:<br />

Weber, Wirtschaft, cit., pp. 625-653; trad. it., IV, pp. 172-217; è nondimeno lecito chiedersi se non<br />

abbia avuto un qualche ruolo nella sua formulazione anche quella concezione dello stato di età<br />

contemporanea che spinse, sul finire degli anni Sessanta, Galbraith, Il nuovo stato, a parlare di una<br />

tecnostruttura, cioè di una sorta di amministrazione unica, assai integrata, negli stati industriali<br />

moderni; anche dove alcune attività continuano a riferirsi a interessi privati o a gruppi particolaristici,<br />

e a funzionare secondo le strategie del profitto e dell’accumulazione capitalistica, esse risentono<br />

la dipendenza del settore pubblico, dello stato, perché da esso, direttamente o indirettamente,<br />

sostenute e controllate.<br />

369 Cfr. Giustiniani, Prammatiche, X, pp. 240-242, pram. V.<br />

370 Questi concetti weberiani (cfr. Weber, Wirtschaft, pp. 551 sgg., 616, trad. it., IV, pp. 58 sgg., 159)<br />

sono stati opportunamente ripresi da Musi, in Stato, e poi in Tra burocrati, in particolare alle pp.<br />

161 sg., 168. Ampia è la letteratura sul processo che portò i togati, per cultura, patrimonio ideale ed

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