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Burocrazia e fisco a Napoli tra XV e XVI secolo<br />

si evince dalla presenza di un ampio apparato amministrativo, dal notevole<br />

grado di razionalizzazione delle procedure burocratiche, peraltro basate su<br />

un livello di scritturazione molto elevato per l’epoca, dall’istanza centralistica,<br />

soprattutto, di Ferdinando I d’Aragona, attestata dai continui interventi<br />

disciplinatori in materia fiscale, negli uffici, nel commercio, e dal suo conformarsi<br />

ai principi della “ragion d’interesse” nell’arginare ogni spinta centrifuga<br />

16 . Quest’elevata capacità di astrazione, che consente di scorgere in età<br />

ferrantina alcuni elementi di una organizzazione “statuale” basata sulla Landeshoheit<br />

(sovranità territoriale), può essere, weberianamente, connessa con<br />

un elevato impulso alla razionalizzazione dei rapporti sociali. Mario Del<br />

Treppo, nei suoi studi, ha riconosciuto le basi materiali di tale impulso nella<br />

ratio mercantile, intesa come calcolo, computo, il cui sviluppo nel Regno fu<br />

favorito dalla penetrazione dell’economia monetaria e creditizia nei vari<br />

ambiti regionali del Mezzogiorno che, divenuti luogo d’incontro di mercanti<br />

e imprenditori catalani, toscani, genovesi e veneziani, acquisterebbero dimensione<br />

e respiro mediterraneo. I processi di razionalizzazione sono quindi<br />

da lui ricondotti alla Zweckrationalität, a quella “razionalità rispetto allo<br />

scopo” che a partire da Adam Smith e David Ricardo ha costituito uno dei<br />

capisaldi dell’economia politica classica, secondo la quale sarebbe possibile<br />

individuare il rapporto ottimale tra determinati scopi, i mezzi a disposizione<br />

e le conseguenze prevedibili, per sollecitare l’incremento dell’efficienza in<br />

rapporto ai mezzi impiegati: in altri termini, per massimizzare i profitti e<br />

minimizzare i costi. In un saggio dedicato a Goffredo di Gaeta, giurista e<br />

presidente della Regia Camera della Sommaria nel ’400 17 , ho ricostruito<br />

quali fossero gli strumenti concettuali e linguistici di cui egli disponeva nel<br />

quotidiano lavoro di ufficio per ricondurre l’attività di classificazione,<br />

interpretazione e valutazione delle diverse fattispecie fiscali a una più ampia<br />

unità di senso politico: essi, pur se consentivano di esprimere e di corroborare<br />

l’esigenza di razionalizzazione delle pratiche amministrative, non erano<br />

tuttavia riconducibili alla Zweckrationalität mercantile e finanziaria, perché<br />

la ratio che per Goffredo doveva improntare la prassi amministrativa era<br />

subordinata all’esigenza di commisurare i risultati acquisiti alla loro congruenza<br />

con determinati valori e “postulati valutativi” 18 . D’altronde, lo stesso<br />

Max Weber riteneva che la scienza, l’arte, l’amministrazione, lo “stato” e<br />

l’economia fossero “fenomeni culturali” e che la razionalizzazione sociale<br />

non potesse quindi essere considerata esclusivamente come conseguenza di<br />

quella economica, «perché come il razionalismo economico, alla sua origine,<br />

dipende, in generale, dalla tecnica e dal diritto razionale, così esso dipende<br />

pure dalla capacità e dalle disposizioni degli uomini di adottare certi tipi di<br />

16 Sulla differenza tra la “ragione di interesse” e la “ragion di stato” si vedano Senellart, La<br />

raison; Dini, Il mito.<br />

17 Delle Donne, Regis servitium.<br />

18 Si vedano le riflessioni di Weber su “razionalità formale” e “razionalità materiale” Wirtschaft,<br />

I, p. 44, trad. it., I, p. 80.<br />

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