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Burocrazia e fisco a Napoli tra XV e XVI secolo<br />

Nel 1448, in data 20 luglio, la Camera della Sommaria in nome dello stesso<br />

Gran Camerario, Francesco d’Aquino, ordinava al Gran Cancelliere di non<br />

sigillare alcun atto senza il suo consenso:<br />

[...] providimus, statuimus et ordinamus de beneplacito consensu et voluntate dicte regie<br />

Maiestatis quod predicta omnia privilegia rescripta lictere cedule commissiones mandata<br />

et scripture alie ex nunc in antea [...] sigillari et expediri nullo modo debeant neque<br />

possint nisi presens in illis posita fuerit manus nostra vel domini Marini Boffe<br />

locumtenentis nostri et contineatur sic vidit Marinus Boffa 225 .<br />

Sotto il controllo della Sommaria rientravano anche gli uffici del Percettore<br />

Generale e del Tesoriere Generale. Al primo spettava l’esazione e la registrazione<br />

dei versamenti a favore della pubblica amministrazione, al secondo spettava<br />

provvedere ai pagamenti maturati, a vantaggio di comunità, officiales, o sudditi<br />

del Regno 226 . Spesso le due cariche di Tesoriere generale e di Percettore<br />

generale si assommarono nella stessa persona. Ma non si pensi a un sovraccarico<br />

di lavoro, dal momento che anche per queste cariche prevaleva l’uso,<br />

invalso sotto gli Aragonesi, secondo il quale ogni officialis, ai vertici inferiori o<br />

superiori della gerarchia che fosse, poteva essere sostituito nell’effettivo esercizio<br />

delle sue funzioni da un locumtenens.<br />

A capo della Tesoreria, che in età alfonsina provvedeva ai servizi di cassa<br />

per il Regno e per tutti i territori della Corona d’Aragona 227 , c’era un Tesoriere<br />

generale; alle sue dipendenze lavoravano due categorie di impiegati: i tesorieri,<br />

fino a 12, che disimpegnavano il servizio di cassa; nonché gli scrivani di<br />

razione, che rilasciavano i mandati di pagamento (albarani), fino a 16 e dipendenti<br />

da un caposcrivano di razione o da un suo luogotenente.<br />

Accanto al Tesoriere generale e al Percettore generale, cariche, come detto,<br />

spesso unite in una sola persona 228 , grande importanza ebbero i Commissari e<br />

i Percettori Provinciali, gli Erari e i Tesorieri Provinciali 229 . Non c’era un<br />

225 Ibidem, p. 67.<br />

226 Su questo ufficio Del Treppo, Un ritrovato libro.<br />

227 Per la Tesoreria in età aragonese, si veda Del Treppo, Il Regno, pp. 133 sgg., che attribuisce le<br />

funzioni di cassa per l’età di Alfonso al banco Miroballo e per l’età di Ferrante al banco Strozzi. Sulla<br />

tesoreria alfonsina si veda Navarro Espinach-Igual Luis, La tesorería, con edizione del Compte<br />

del banch d.en Miraball. Su questa edizione si veda Leone, Alfonso. Sulla Tesoreria Generale in<br />

età vicereale, Muto, Le finanze, pp. 58-63, 179-184.<br />

228 Cassandro, Lineamenti, p. 24, che cita da ASN, Cancelleria Aragonese Collaterale Curiae, c. 2.<br />

229 Non è sempre agevole distinguere tra questi funzionari. Per alcuni si tratta di mansioni<br />

analoghe, esercitate con nomi diversi, a seconda dei luoghi e delle circostanze di nomina. Può<br />

tuttavia sembrare che col nome di Commissari venissero designati anche gli inviati del Sovrano o<br />

della Camera della Sommaria. Cfr. per esempio Barone, Cedole, IX (1884), p. 28: «[5 giugno 1465]<br />

Garcia Cetes è incaricato dal re di andare a Rocca Guglielma e ne’ dintorni in qualità di commissario<br />

di tutta la gente d’arme, per dare il guasto alla detta terra, perché venuta meno all’ubbidienza.<br />

Riceve 40 duc. pel viaggio»; ibidem, IX (1884), p. 207: «[14 marzo 1466] Si pagano 25 duc. a Pietro<br />

Diotisalvi, di Verona, commissario del Re, incaricato di far cavare la vena di ferro nuovamente<br />

trovata in S. Martino di Valle del Gaudo»; Instructionum liber, p. 134. Sui percettori provinciali in<br />

età moderna Muto, Una struttura; idem, Il regno, in particolare p. 274 sg.; Musi, Mezzogiorno, pp.<br />

96 sgg.<br />

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