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Burocrazia e fisco a Napoli tra XV e XVI secolo<br />

dal Visitatore Generale Pedro Pacheco della disonestà e delle disfunzioni presenti<br />

nell’apparato finanziario del Regno (rapporto dell’11 agosto 1536); l’incisiva<br />

azione del Camerario che riuscì a mettere in movimento l’intero arco delle<br />

forze politiche ed economiche; le minuziose istruzioni date da Carlo V a don<br />

Pedro de Toledo 381 .<br />

Gli sforzi della corte imperiale dovevano anche tener conto che ogni razionalizzazione<br />

di apparati, seppure ne venga monocraticamente favorito lo sviluppo,<br />

è rallentata se non inceppata dalla tendenza del funzionariato a preservare<br />

gelosamente l’autoamministrazione e le proprie autonomie operative, a<br />

rafforzare le proprie garanzie di potere 382 . I tentativi viceregi di debellare ogni<br />

riottosa resistenza alla riduzione delle prerogative di autonomia dell’istituto<br />

finanziario trovarono espressione nelle direttive seguite nell’immissione di<br />

nuovo personale amministrativo negli uffici. I livelli gerarchicamente superiori<br />

della Camera presentano infatti, nella prima metà del Cinquecento, una composizione<br />

sociale quanto mai articolata, con una progressiva tendenza alla prevalenza<br />

di elementi di estrazione non nobiliare o, se diversamente, di origine<br />

spagnola 383 . D’altronde, la nobiltà del Regno di Castiglia, fin dagli anni ’30 del<br />

XVI secolo, aveva monopolizzato, nell’intera compagine istituzionale imperiale,<br />

le cariche più importanti e lucrose, a scapito delle aristocrazie degli altri<br />

paesi della corona, che risentite se ne dolevano. Nel Regno di Napoli, nonostante<br />

le ripetute richieste del Parlamento Generale, pur approvate dal sovrano,<br />

affinché gli uffici fossero assegnati tutti o in maggioranza a regnicoli, fu<br />

solo con la prammatica De officiorum provisione del 12 marzo 1550 che si<br />

stabilirono con precisione quali cariche dovessero essere assegnate a beneplacito<br />

del sovrano e quali esclusivamente a regnicoli: a costoro sarebbero spettati<br />

i due terzi dei presidenti della Sommaria 384 . Fino agli anni ’40 del XVI secolo i<br />

luogotenenti della Sommaria furono per lo più italiani; dopo crebbe il numero<br />

381 Per l’intensissima opera svolta dal Toledo attraverso le prammatiche cfr. Giustiniani,<br />

Prammatiche, X, pp. 236-272, pramm. I-LV. Cfr. inoltre D’Agostino, La Capitale, p. 195 sg.;<br />

Coniglio, I Viceré, pp. 38 sgg. La denuncia del Pacheco è in AGS, Estado, leg. 1025, c. 37; su di lui<br />

cfr. Coniglio, Il Regno, pp. 66-68; Muto, Le finanze, pp. 37-38; Cernigliaro, Sovranità, pp. 325-326;<br />

Pilati, Officia Principis, pp. 73-76; sul tema delle visite nel Regno e sulla dogmatica dell’istituto, pur<br />

se per un’età successiva, cfr. Rovito, Respublica, soprattutto pp. 75-224. Su Bartolomeo Camerario<br />

cfr. D’Agostino, La Capitale, p. 208 sg.; Marchetti, Bartolomeo Camerario pp. 172-74; Muto,<br />

Magistrature, pp. 491-500; Carande, Carlos V, II, pp. 93 sgg.; Coniglio, Il Regno, pp. 66-68, 210-<br />

242; Hernando Sánchez, Castilla, pp. 218-222; Sabatini, Apogeo; il Camerario annunciava nel<br />

febbraio 1543 che nel seguente mese di aprile avrebbe dato inizio a un riordinamento complessivo<br />

della Sommaria, cfr. AGS, Estado, leg. 1034, c. 166, B. Camerario all’Imperatore, Napoli, 18 febbraio<br />

1543. Sulle istruzioni date da Carlo V al Toledo cfr. Coniglio, Il Regno, pp. 69-88.<br />

382 Dinamiche analoghe sono state individuate nelle burocrazie contemporanee da Anthony,<br />

Planning; Mosher, Democracy.<br />

383 Cfr. i dati raccolti da Intorcia, Magistrature, pp. 215 sgg.<br />

384 E. Croce, I parlamenti, p. 354 s; D’Agostino, Parlamento, pp. 191, 197, 206, 226, 231 sgg., 246,<br />

260, 277, 282. Per la prammatica De officiorum provisione cfr. Villari, La rivolta, p. 20; D’Agostino,<br />

Parlamento, p. 285.<br />

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