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Burocrazia e fisco a Napoli tra XV e XVI secolo<br />

opere, ordinò i Ritus 164 . Il Monti 165 afferma che Andrea d’Isernia dovette dedicarsi<br />

a quest’opera tra il 1315 e il 1316, quale ultima di una lunga attività. Si<br />

vuole che egli avesse composto i Ritus Magnae Curiae Magistrorum Rationalium<br />

166 , che solo per un errore di titolo, al momento della pubblicazione del<br />

commento di Goffredo di Gaeta, sarebbero diventati Ritus Camerae Summariae.<br />

Ma sia consentito avanzare dei dubbi. Il Monti 167 , che sembra propendere<br />

− come del resto si deduce anche dal titolo della sua ricerca − per l’ipotesi di un<br />

lavoro per i Maestri Razionali, a p. 74 dice:<br />

Quale fu il titolo della compilazione? Luca da Penne ci dette quello di “Ritus dohanarum”;<br />

i codici tutti titoli diversi; ma noi con il Capasso e il Palumbo riteniamo più probabile<br />

quello di Ritus Regiae Curiae officii rationum,<br />

spiegando che tale titolo, che riprendeva le parole dell’explicit del codice<br />

parigino latino 4625, meglio si adattava al tribunale in cui tali riti vigevano 168 .<br />

Lo Sthamer 169 , con riferimento a un documento del 1° dicembre 1283,<br />

dimostra che il titolo originario era Ritus dohanarum, e non Ritus curie officii<br />

rationum, accettato dal Monti. Il titolo Ritus dohanarum va inteso nel senso in<br />

cui la parola dohana veniva usata sotto i sovrani normanni e svevi, sotto i quali<br />

coesistevano la dohana de secretis e la dohana questorum et baronum; vi<br />

erano dunque due dohanae, e questo spiegherebbe il plurale nel nome<br />

dell’opera. Gli inizi della raccolta vanno di conseguenza ricercati in un’età in<br />

cui quell’antica suddivisione era ancora viva; quando già esisteva qualcosa di<br />

analogo al libro che successivamente andò sotto il nome di Andrea d’Isernia,<br />

che perdipiù in nessuno dei numerosi manoscritti è menzionato come autore.<br />

Il carattere dei Ritus dohanarum è didascalico, e non normativo: essi sono<br />

sorti e sono stati costantemente rielaborati e integrati nella prassi amministrativa.<br />

Lo Sthamer ha saputo individuare il suo redattore, ancor prima che in<br />

Andrea d’Isernia, in Iozzolino de Marra, che avrebbe anche compilato l’Amtsbuch<br />

dei Maestri Razionali della Magna Curia, il Liber donationum e la raccolta<br />

di excerpta dai registri di Federico II. E tuttavia lo Sthamer lascia aperto un<br />

problema: quando e come i documenti sui magistri rationales e sul Comes<br />

camerarius furono accolti nei manoscritti dei Ritus dohanarum? Egli constata<br />

che nei più antichi manoscritti non vi erano compresi, e che ancora non lo<br />

erano al tempo di Andrea d’Isernia, come si ricava dal Monti, mentre si<br />

164 Cfr. Calasso, Andrea d’Isernia. Su Andrea d'Isernia si veda anche l'omonoma voce a lui dedicata<br />

da Novarese.<br />

165 Monti, Sul testo, p. 73.<br />

166 Monti, Altre ricerche, pp. 261, dichiara di seguire «una denominazione antica» da lui ritrovata<br />

nel Liber Rubeus allora conservato all’Archivio di Stato di Napoli e già usata da Pecchia, Storia, pp.<br />

129, 131, 190.<br />

167 Monti, Sul testo, pp. 65-101.<br />

168 Capasso Le Fonti, p. 165; Palumbo, Andrea d’Isernia.<br />

169 Das Amtsbuch, pp. 128 sgg.<br />

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