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Burocrazia e fisco a Napoli tra XV e XVI secolo<br />

ne territoriale eliminando o contenendo i poteri concorrenti e affermando il<br />

proprio «diritto incondizionato di vita di fronte a tutte le altre potenze vitali»<br />

403 , si svilupparono autonome forme di organizzazione politica: intorno a un<br />

signore, prestigioso per successi militari o per antica nobiltà, intorno a città, intorno<br />

a feudi o potentati ecclesiastici. La ricomposizione, su aree regionalmente<br />

circoscritte, si venne quindi attuando secondo tempi e modi peculiari, che<br />

indussero alla definizione di nuovi rapporti fondati sulla coordinazione e sull’interdipendenza<br />

di elementi locali intorno ad alcuni nuclei maggiori di dominio,<br />

fossero essi di origine cittadina o principesca 404 . Tuttavia, anche se tali aggregazioni<br />

non appaiono inquadrate in una trama normativa unitaria, ma rapportate<br />

al centro per via pattizia, in una sintesi di pratiche ed esiti di contrattazioni<br />

tra poteri diversi, a prevalere fu una politica di dominio e non di integrazione,<br />

come è stato opportunamente sottolineato a proposito dello “stato fiorentino”<br />

405 . I sovrani aragonesi furono quindi in sintonia con le più generali<br />

tendenze della società europea.<br />

Nondimeno, sarebbe fuorviante leggere le vicende istituzionali dei regni in<br />

cui fu più evidente il tentativo di creare nuovi ordinamenti o di rinnovare le<br />

strutture amministrative preesistenti ‒ nel caso specifico, la Camera della<br />

Sommaria ‒ come caratterizzate da un “progressivo” allontamento dall’“intreccio<br />

caotico” del “particolarismo giuridico”, ritenendo già, in larga misura, realizzato,<br />

nei secoli XV e XVI, l’effettivo accentramento del potere; ritrovando<br />

precipitosamente nel Rinascimento le prime forme di uno “stato” moderno; individuando<br />

nelle istituzioni create dal nuovo “stato” il senso degli ordinamenti<br />

politici di un’intera società, nonché le forme e i meccanismi secondo cui all’interno<br />

di essa aveva luogo l’esercizio del potere.<br />

Non senza ragione, da almeno trent’anni, un più serrato dialogo con le<br />

discipline sociologiche e antropologiche ha indotto gli storici a fermare l’attenzione<br />

sulla persistenza delle forme consuetudinarie, transattive ed extragiudiziali<br />

nella soluzione dei conflitti, di là dalle procedure e dagli ordinamenti gerarchici<br />

fissati dalle corti. Nel contempo va però evitata anche la demonizzazione<br />

retrospettiva dello “stato” cui indulge molta recente storiografia, pronta a<br />

enfatizzare la “costituzione materiale” inscritta nel territorio e le sue reti normative<br />

“spontanee”, proclive a sottovalutare la capacità di incidenza del “principe”<br />

e l’efficacia dei meccanismi di accentramento, di disciplinamento “normativo”<br />

e di costruzione del consenso operati dalla corte.<br />

Il regno dei sovrani aragonesi, sotto tanti aspetti saldo e unitario, non fu<br />

una costruzione armonica e compatta, frutto ormai maturo di una volontà accentratrice<br />

e regolatrice, ferma e incontrastata. Tale volontà disciplinatrice non<br />

mancò; ma non è possibile leggere la complessa realtà istituzionale dell’Italia<br />

meridionale come la sua immediata concrezione fattuale 406 . La compagine<br />

403 Meinecke, L’idea, p. 25.<br />

404 Cfr. quanto scrive in proposito Chittolini, Introduzione.<br />

405 Zorzi, Introduzione.<br />

406 Meinecke, L’idea, p. 1, in anni di crisi dello stato nazionale tedesco scriveva: «La ragion di stato<br />

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