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Burocrazia e fisco a Napoli tra XV e XVI secolo<br />

del fisco: in tali giorni i funzionari, durante le ore pomeridiane, potevano<br />

esaminare i processi anche standosene a casa, ma erano tenuti a prendere nota,<br />

per iscritto, delle loro attività, sub poena irae, Regiaeque indignationis, a<br />

meno che non fosse sopraggiunto un legittimo impedimento. Sembra che il<br />

Toppi introducendo questa possibilità riservata agli ufficiali voglia insinuare<br />

che vi fosse un allentarsi della tensione di lavoro, ma subito dopo, a riprova<br />

dello spirito di servizio che animava i funzionari della Sommaria, aggiunge che<br />

essi si pronunciavano spesso persino nei giorni considerati festivi, nei quali<br />

anche «supremi Regiae Camerae ministri» tornavano in Tribunale «post prandium»<br />

336 .<br />

Indubbiamente le elevate incombenze cui la Camera della Sommaria era<br />

tenuta fecero sì che già in età aragonesse apparisse titolo di merito per un<br />

funzionario la sua costante e continua presenza in ufficio. È quanto si evince,<br />

indirettamente, anche da un inedito processo per ribellione del 1495 337 contro<br />

336 Toppi, De Origine, pp. 154 sgg. Persino nel passaggio dal governo dei francesi a quello degli<br />

spagnoli essa rimase chiusa per soli dieci giorni, dal 16 al 26 maggio, come risulta da ASN,<br />

Summariae Partium 53, cc. 80-82, e da Repertorium, cc. 288r e v.<br />

337 ASN, Attuari diversi, fascio 1124, fascicolo 1. Il processo non tarda a rivelarsi dettato, oltre che<br />

dalla volontà di colpire un fedele funzionario del precedente governo aragonese, anche dal progetto<br />

di incamerare i suoi beni, tra cui un credito di 6000 ducati presso il banco Tornabuoni. Tale credito,<br />

benché nel testo non se ne faccia esplicita menzione, potrebbe esser messo in relazione con l’attività<br />

del de Libera di luogotenente del tesoriere regio. Il procedimento giudiziario è di notevole interesse<br />

procedurale. Esso si apre il 12 aprile 1495 con una exposicio dei capi d’accusa fatta nella Sommaria<br />

dal procuratore del regio fisco Joanni Galluccio; l’imputato è assente. Poiché non si conosce il suo<br />

recapito, con edictum affisso in portis tribunalis, gli si ingiunge di presentarsi entro sei giorni nella<br />

Regia Camera. L’azione legale si sdoppia presto in un doppio procedimento: il primo contro il de<br />

Libera, l’altro contro il banchiere debitore dell’imputato, Bernardino de Cornago. Questi viene citato<br />

come convenuto il 6 maggio 1495 dal procuratore fiscale della Sommaria. Il banchiere si presenta<br />

munito di un salvacondotto del re di Francia con cui tenta di ottenere il non luogo a procedere; i<br />

presidenti della Sommaria respingono tuttavia le sue richieste poiché «quando fuit factum dictum<br />

guidaticum dicto Berardino per dom. Regem dictus Berardinus erat in civitate Neapolis» (c. 20).<br />

Frattanto nel procedimento contro il de Libera vengono chiamati come testi numerosi funzionari<br />

della Sommaria che sottolineano le sue eccellenti doti di funzionario. Gli stessi presidenti, chiamati<br />

di lì a qualche giorno a votare la sentenza, affermano in molti che le prove di tradimento prodotte<br />

non sono sufficienti. Ciò suscita la reazione del procuratore fiscale filofrancese che, appellandosi al<br />

Sovrano, chiede che la causa venga rimessa per legitima suspicione al Sacro Consiglio; i presidenti<br />

infatti, a suo dire, «distulerunt dare vota nescitur qua causa»; Sua Maestà «dignetur commictere<br />

uni ex presidentibus dicte Camere quod veniat cum processu ad vestrum Sacrum Magnum<br />

Consilium et referat causam» (c. 21). Così avvenne per entrambi i procedimenti, che ebbero però<br />

differenti esiti. La causa contro il de Libera si concluse il 22 maggio con una diplomatica sentenza di<br />

condanna: si ordinò infatti la confisca dei suoi beni «cum hac reservacione quod quandocumque<br />

idem Joannoctus ostenderet predicta [l’esser restato in Castel Nuovo col sovrano e l’esser partito da<br />

Napoli senza rientrarvi nei tre mesi successivi] commisisse ex causa que eum excusaret, bona<br />

predicta confiscata et per regiam Cameram capta eidem restituantur». L’altra causa non ebbe invece<br />

conclusione: il banchiere Cornago ed il suo procuratore cominciarono infatti, per tirarla per le<br />

lunghe, a sollevare eccezioni di competenza nel Sacro Consiglio, «quod causa pendebat in Camera»;<br />

e a richiamarsi alla validità di quel guidatico che già la Sommaria aveva disconosciuto. Il 6 luglio<br />

infine, il Sacro Consiglio concesse al Cornago un mese di tempo per la sua difesa, ma il giorno dopo,<br />

il 7 luglio, sbarcava a Napoli Ferrandino. Questa causa ebbe poi una tardiva ripresa, il 22 dicembre<br />

dello stesso anno, per volontà proprio di quel de Libera che, rientrato a Napoli con i sovrani<br />

aragonesi, chiese al Sovrano, tramite il nuovo procuratore Joanni de Licteris, «quod dicte 15 marche<br />

seu earum pretium perveniat ad manus et posse magn. Michaelis de Afflicto V. M.tis Generalis<br />

116

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