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Burocrazia e fisco a Napoli tra XV e XVI secolo<br />

la loro acquisita “professionalità” venivano impiegati dal Sovrano anche in altri<br />

tribunali e persino in «altri suoi Regni, come s’è visto ch’ha fatto ai tempi<br />

nostri» 392 .<br />

Dal 1530 la Camera della Sommaria fu sottoposta a crescenti pressioni<br />

verso una più chiara regolamentazione della normativa e della prassi amministrativa.<br />

In quell’anno essa fu «notata et inquisita de negligentia» da commissari<br />

di nomina vicereale che caldeggiarono una sua ristrutturazione e la rimozione<br />

dell’antico «privilegio del foro». Nel giugno 1530 si delinearono anche i<br />

termini di una questione destinata a divenir spinosa in anni immediatamente<br />

successivi: quella delle precedenze e della delimitazione di competenze tra la<br />

Sommaria e la Tesoreria, che vedrà ancora nel ’31 e nel ’32 il luogotenente della<br />

Sommaria, Jeronimo de Francesco, e il reggente del Collaterale, Sigismondo de<br />

Loffredo, lamentare da prospettive diverse, e non disinteressatamente, le<br />

inefficienze di funzionamento e l’inettitudine dei funzionari dell’uno o dell’altro<br />

istituto amministrativo 393 . Tali lagnanze restarono senza seguito sino al<br />

1532, anno della nomina a viceré di don Pedro de Toledo, allorché vennero<br />

specificate le competenze della Sommaria costringendola a più serrato ritmo di<br />

lavoro col revisionare i conti ad essa presentati negli ultimi venticinque anni e<br />

non ancora esaminati 394 . Del tentativo del nuovo viceré di porre limiti alle<br />

prerogative della Camera e al suo privilegio del foro, con una proposta di<br />

reformatio formalmente presentata in Collaterale il 22 gennaio 1533, si doleva<br />

infatti, in una lettera spedita quell’anno alla corte, il de Francesco, direttamente<br />

colpito nei suoi interessi. Questi esercitava la carica di luogotenente della<br />

Sommaria già dal 1510, e dal 1526 aveva associato suo figlio nell’esercizio<br />

dell’ufficio nel tentativo di assicurargli la successione 395 . Attorno a lui andava<br />

inoltre coagulandosi un “gruppo d’interesse” ostile al Toledo. Contro quest’ultimo<br />

seguirono numerosi e vani tentativi, soprattutto di parte nobiliare, per farlo<br />

rimuovere dalla carica con lamentele e false accuse a corte; infatti Carlo V, al<br />

momento della sua partenza da Napoli, nelle istruzioni lasciate al viceré in data<br />

18 marzo 1536, raccomandava di reprimere gli abusi nei vari tribunali napoletani.<br />

L’invio di Pedro Pacheco come Visitatore Generale e la nomina di Bartolomeo<br />

Camerario a Conservatore Generale del Real Patrimonio, cui dal 1541 al<br />

1543 egli aggiunse la carica di luogotenente della Sommaria, riconfermarono<br />

392 ASN, Sommaria, Consulte, 14, cc. 33-35. Ibidem per i «figli di padri onorati», che il Mantelli (Il<br />

pubblico, p. 350) ritiene «borghesi colti», senza tuttavia addurre analisi prosopografiche. Per il<br />

processo seicentesco (ASN, Sommaria, Consulte, 48, cc. 41-42) cfr. ancora Mantelli, Il pubblico, p.<br />

347 sg.<br />

393 Sui commissari vicereali del 1530, sulle lagnanze di Jeronimo de Francesco e Sigismondo de<br />

Loffredo cfr. Muto, Le finanze, p. 35 sg.<br />

394 I ritardi di anni nella revisione dei conti sono denunciati anche da Bartolomeo Camerario nella<br />

sua relazione dell’estate del 1536, che ritiene che per ovviare a tali problemi gli uffici non dovrebbero<br />

essere venduti ma affidati a personale competente: AGS, Estado, Nápoles, leg. 1025, fasc. 88. Sul<br />

problema sollevato dal Camerario: Garcia Marin, Monarquía, pp. 133-187.<br />

395 Cernigliaro, Sovranità, p. 312, n. 121. Sull’opera del Toledo cfr. la nota 58 del presente capitolo.<br />

Sull’associazione del figlio di Jeronimo de Francesco, Agostino, cfr. Toppi, De origine, lib. IV, p. 167.<br />

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