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Vol. 1 ‐ Anno 2012 ‐ Numero 1 Quale esperienza per la f<strong>il</strong>osofia della religione? <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />

Afferma Paul Ricœur: «Fichte oppone la Tathandlung alla Tatsache, l’atto al fatto. Questa<br />

distinzione tra atto e fatto fornisce <strong>il</strong> terreno f<strong>il</strong>osofico per ogni teoria dell’azione» 180 . L’atto<br />

nella sua purezza richiama l’atto d’essere di Tommaso, la perfezione. Lo scopo dell’azione<br />

si misura a partire dall’impulso pratico, che è l’impulso all’agire che, attraverso<br />

l’immaginazione produttiva, lo rende possib<strong>il</strong>e. È questo, secondo Pareyson, <strong>il</strong> problema<br />

fondamentale posto da Fichte e ripreso dall’idealismo, cioè quello dell’unione di sensib<strong>il</strong>e e<br />

sovrasensib<strong>il</strong>e attraverso la funzione fondamentalissima dell’immaginazione produttiva.<br />

Questa funzione mediatrice fra sensib<strong>il</strong>e e sovrasensib<strong>il</strong>e attribuita all’immaginazione ha<br />

un’origine kantiana, e si rifa al Kant della Critica del Giudizio, dove all’immaginazione,<br />

unita con lo spirito, è attribuita la funzione mediatrice fra sensib<strong>il</strong>ità e ragione 181 .<br />

L’esperienza religiosa è sempre un’esperienza mediata. Dio non può essere sperimentato<br />

dall’uomo nella sua essenza, ma la sua presenza viene mediata da segni. Riflettendo<br />

sull’esperienza mistica occorre quindi collocarla sempre all’interno della vita cristiana, della<br />

vita ordinaria di fede. L’esperienza religiosa cristiana è quindi molto diversa dalla<br />

religiosità, per lo più naturale e spontanea, a cui si riferisce, per scegliere una visione<br />

molto diffusa nella contemporaneità, l’analisi freudiana: l’esperienza cristiana smentisce<br />

clamorosamente l’interpretazione che Freud dà della fede come risposta <strong>il</strong>lusoria al<br />

bisogno reale, alla paura dell’ignoto e della morte.<br />

Se la mera paura della morte fosse all’origine della fede, allora sarebbe necessario<br />

ricordare che per <strong>il</strong> cristiano la morte in croce di Gesù costituisce l’evento centrale del suo<br />

credo, e la meditazione dei dolori di Cristo la scala per ascendere a una comprensione<br />

sempre più concreta e tangib<strong>il</strong>e dell’amore del Dio incarnato per i suoi. Un Dio che muore<br />

in croce, che esalta i poveri e i piccoli, che invita alla gratuità e al dono di sé, è un Dio<br />

assolutamente disfunzionale ad un’esperienza religiosa che nasce, invece, dal bisogno e<br />

dalla paura. Eccelse al riguardo le esperienze di alcune donne, che in una teologia<br />

dell’amore cristiano sono state delle vere eroine della Croce: Veronica Giuliani, Brigida di<br />

Svezia, Gemma Galgani, Maria Maddalena de’ Pazzi: le loro opere meriterebbero maggior<br />

diffusione e approfondimento.<br />

L’esperienza intesa essenzialmente come esistenziale, che avvicina, senza peraltro<br />

identificarle, l’apertura ontologica e l’esperienza religiosa come due modalità differenti<br />

dello stesso movimento di autotrascendimento, risente invece a mio parere da una visione<br />

totalitaria dell’univocazione dell’ente che è <strong>il</strong> portato di una delle metafisiche possib<strong>il</strong>i nella<br />

modernità, assurta a modello della metafisica tout court anche da molti pensatori cristiani<br />

non più consci della ricchezza della propria tradizione f<strong>il</strong>osofica. Il cammino dell’uomo è<br />

segnato dall’incontro con la differenza, che attesta un limite e genera un’inquietudine e,<br />

tuttavia, nella somiglianza con Dio egli scopre l’unità nella differenza. Centrale è<br />

comprendere l’uomo come immagine di Dio, e specialmente in questa dinamica, che<br />

fronteggia la fine dell’epoca dell’immagine del mondo diagnosticata da Heidegger e foriera<br />

di prospettive “deboliste” ben note nello scenario f<strong>il</strong>osofico contemporaneo, che hanno<br />

180 P. Ricœur, Kierkegaard, Morcelliana, Brescia, 1996, p. 52.<br />

181 Si veda su questo tema quanto afferma R. Lauth, “L’origine della dialettica nella f<strong>il</strong>osofia di Fichte”,<br />

Annuario F<strong>il</strong>osofico, 3, 1987, specialmente le pp. 89-91.<br />

Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />

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