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Vol. 1 ‐ Anno 2012 ‐ Numero 1 Quale esperienza per la f<strong>il</strong>osofia della religione? <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />

L’essenziale della religione, se qualcosa del genere c’è, andrà dunque indagato a partire<br />

dall’esperienza religiosa. E dunque dal suo primo dato, che già Tommaso d’Aquino aveva<br />

riassunto con parole limpide: «Religione non è fede, ma attestazione di fede per mezzo di<br />

segni esterni» 295 .<br />

Dunque la fenomenologia della religione è lo studio in primo luogo di ciò che<br />

nell’esperienza di fede religiosa è dato – <strong>il</strong> divino – e in secondo luogo del modo in cui è<br />

dato: l’esperienza religiosa e la sfera degli atti tipici di essa. A differenza dagli approcci più<br />

sociologici, o antropologici, la fenomenologia della religione priv<strong>il</strong>egia comunque <strong>il</strong> lato<br />

interiore, quello dell’esperienza spirituale – più di quello dei “segni esterni”, delle<br />

istituzioni e delle azioni (cerimonie, liturgie, usanze) che caratterizzano l’aspetto visib<strong>il</strong>e<br />

delle religioni (in questo senso è particolarmente sv<strong>il</strong>uppata la fenomenologia<br />

dell’esperienza non istituzionale, ma diremmo naturale-spirituale del divino: la “teologia<br />

simbolica” secondo Stein, la mistica secondo Gerda Walther).<br />

Ben raramente la f<strong>il</strong>osofia ha “lasciato parlare” i fenomeni della religione: la “f<strong>il</strong>osofia della<br />

religione” nasce con una pulsione riduttiva congenita. Se Kant aveva in qualche modo<br />

ridotto la religione alla ragione pratica e Hegel l’aveva superata nella f<strong>il</strong>osofia, fra<br />

l’Ottocento e <strong>il</strong> Duem<strong>il</strong>a la religione sperimenta tutte le riduzioni possib<strong>il</strong>i: storico-culturale,<br />

sociologica, psicologica, oggi addirittura biologica (con Daniel Dennett e Richard<br />

Dawkins).<br />

La fenomenologia è una forza di resistenza alla tentazione di chiudersi in una visione del<br />

mondo cieca ai fenomeni che non vi rientrano, per decretare che cosa sia e che cosa non<br />

sia <strong>il</strong>lusorio, a volte nella più perfetta ignoranza delle cose di cui parla: ad esempio della<br />

modalità di esperienza e pensiero che, con parola carica di equivoci, viene chiamata<br />

“fede”.<br />

Oggi lo spirito di riduzione investe <strong>il</strong> visib<strong>il</strong>e: l’intero mondo degli oggetti d’esperienza<br />

quotidiana, <strong>il</strong> mondo della nostra fisica ingenua e quello della nostra ingenua morale, con<br />

la muta certezza che abbiamo ordinariamente di essere centri di libera azione e decisione,<br />

cause responsab<strong>il</strong>i di ciò che nel bene e nel male mettiamo al mondo.<br />

4. L’intenzionalità caratteristica dell’esperienza religiosa<br />

Risale al saggio centrale di L’eterno nell’uomo di Scheler – “Problemi di religione” – l’idea,<br />

poi condivisa da tutti i fenomenologi, della fondamentale differenza di oggetto<br />

intenzionale – e dunque di orientamento, di senso, di rapporto al reale – di due modalità<br />

di ricerca dell’assoluto che nella nostra storia hanno cercato reciprocamente o l’una di<br />

inglobarsi l’altra, o di escluderla: religione e f<strong>il</strong>osofia, fede e ragione.<br />

I rapporti fra f<strong>il</strong>osofia e religione sono stati, nell’arco della nostra tradizione, improntati a<br />

due fondamentali modelli, secondo Scheler: quello dell’identità parziale o totale del loro<br />

oggetto ultimo – <strong>il</strong> divino – e quello di una diversità essenziale (vedi lo schema che<br />

riportiamo in appendice). Il tomismo, ad esempio, rientra nella prima categoria,<br />

295 Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 94, a. 1.<br />

Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />

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