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Vol. 1 ‐ Anno 2012 ‐ Numero 1 Quale esperienza per la f<strong>il</strong>osofia della religione? <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />

dell’interesse verte intorno all’esperienza del conoscere. Dall’altro la riflessione di<br />

Schleiermacher sulla religione. Questa ha focalizzato <strong>il</strong> problema in maniera estremamente<br />

lucida e pertinente sul motivo dell’esperienza religiosa, giungendo a individuare e<br />

tematizzare la sua specificità. Al tema poi sono stati dedicati molti spunti di<br />

chiarificazione: in proposito ricorderei tra gli altri i contributi di Auguste Sabatier, W<strong>il</strong>helm<br />

Herrmann, Maurice Blondel, Paul T<strong>il</strong>lich, Rudolf Otto, eccetera. Peraltro lungo questo<br />

f<strong>il</strong>one si muovono in genere tutti coloro che partono dall’assunto della specificità<br />

dell’esperienza religiosa. Il paradigma di comprensione dell’esperienza soggiacente a<br />

questo modello può essere così specificato. Anzitutto l’esperienza si configura come prassi<br />

memorizzata (nella quale rientra altresì l’anamnesi dell’agire sperimentale che istituisce la<br />

pratica scientifica), e invero prassi orientata alla creazione simbolica. In secondo luogo <strong>il</strong><br />

concetto di esperienza denota non la cosa, diciamo così <strong>il</strong> correlato intenzionale, bensì <strong>il</strong><br />

commercio consapevole con la cosa, tale commercio essendo inteso come prassi<br />

consapevole (ossia capace di anamnesi incardinata sul Sé) di carattere formante e<br />

simbolizzante, ovvero performativa, per dirla con un solo termine.<br />

3. Costruzione del tema dell’esperienza religiosa<br />

Ma cerchiamo di focalizzare più da vicino <strong>il</strong> tema della religione quale esperienza<br />

peculiare. Esso intende mettere in luce che la religiosità si costituisce come sfera di<br />

esperienza, ossia come peculiare prassi consapevole di carattere formante e<br />

simbolizzante. Ciò significa in definitiva che essa forma un campo di esperienza qualificato<br />

da una funzione peculiare. Il problema è capire di quale funzione si tratta. Ad esempio per<br />

Schleiermacher, che per primo ha posto <strong>il</strong> problema in termini espliciti, tale funzione è <strong>il</strong><br />

“sentimento di dipendenza assoluta”. Questa categoria di comprensione veniva impiegata<br />

perché consentiva al tempo stesso di rendere conto sia del correlato intenzionale (la cosa)<br />

sia della funzione costituente impegnati in quella prassi memorizzata che dà luogo<br />

all’attività formante e simbolizzante dell’universo religioso 156 . Il tema dunque denota<br />

anzitutto l’autonomia del religioso e del suo senso, la sua specificità come sfera di<br />

significati dotati di pertinenza reale. Tale autonomia è intesa in riferimento agli altri campi<br />

dell’esperienza umana, come la prassi etica, la prassi conoscitivo-razionale, e persino <strong>il</strong><br />

vissuto psichico dell’inconscio. Non è quindi in questione semplicemente l’istanza<br />

dell’appropriazione del religioso. Neppure è in questione l’interiorità dell’esperienza<br />

religiosa, in opposizione alla religione esteriore ovvero alla religione dell’aderenza a<br />

formule dogmatiche, a un deposito di verità 157 . In realtà la nozione di esperienza religiosa<br />

156<br />

Analogamente, per fare qualche esempio, per Hegel la funzione è <strong>il</strong> Vorstellen (la rappresentazione<br />

dell’Assoluto), per Rudolf Otto invece è <strong>il</strong> sacro.<br />

157<br />

In proposito c’è da r<strong>il</strong>evare che è possib<strong>il</strong>e vivere con partecipazione interiore anche una “fede” che in<br />

ultima analisi rappresenta una surrogazione del religioso; in tal caso essa crea una sfera di esperienza<br />

appartenente a un’area differente da quella dell’esperienza religiosa. Cfr. in merito l’osservazione di Nietzsche,<br />

secondo cui la fede può essere falsa ma al tempo stesso costituire una ragione di vita, perché anima una<br />

“volontà di potenza”. In questo senso sono interessanti anche le osservazioni di Rousseau in una famosa nota<br />

Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />

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