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Vol. 1 ‐ Anno 2012 ‐ Numero 1 Quale esperienza per la f<strong>il</strong>osofia della religione? <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />

Questo è <strong>il</strong> b<strong>il</strong>ancio. La proposta con la quale Hegel tenta di superare <strong>il</strong> doppio esito<br />

aporetico così delineato parte appunto da Solger, ma non rinuncia al punto (la coscienza,<br />

<strong>il</strong> soggetto per sé) definitivamente conquistato dalla f<strong>il</strong>osofia dei moderni. Solger<br />

riconosce in Cristo <strong>il</strong> sacrificio divino non in termini di semplice ricordo o principio morale,<br />

ma come la «realtà più reale» 360 . In questo modo egli coglie <strong>il</strong> significato più alto e<br />

assoluto della Offenbarung di Dio, cioè della «presenza dell’essenza nel nostro conoscere<br />

e nella nostra esistenza» 361 : non l’affermazione generica che Dio si manifesta nella natura<br />

e nella storia, ma l’unità concreta di natura divina e umana, che l’esistenza di Cristo<br />

«porta» alla coscienza dell’uomo. Si guadagna in questa maniera un doppio risultato: 1)<br />

l’incarnazione è la configurazione reale più alta della forma che è <strong>il</strong> fondamento della<br />

rivelazione; 2) nella dinamica dell’esperienza religiosa come espressione priv<strong>il</strong>egiata della<br />

vita dello spirito <strong>il</strong> ruolo di entrambi i protagonisti della relazione che è <strong>il</strong> processo<br />

dell’eterno amore è irrinunciab<strong>il</strong>e: Dio da un lato, l’uomo dall’altro. Solger, affermando che<br />

ciò che in noi è nullo è <strong>il</strong> divino, nella misura in cui lo conosciamo e conosciamo noi stessi<br />

come tali, si sarebbe addirittura spinto per Hegel alle soglie del principio della doppia<br />

negazione, anche se la sua posizione gli appare comunque inadeguata. L’individualità<br />

nella quale la prima negazione dovrebbe a sua volta negarsi e rovesciarsi nel vero positivo<br />

resta in realtà pregiudicata appunto da quella prima negazione. Da una parte a causa<br />

della sua dominante valenza estetica, che risospinge Solger verso la soggettività assoluta<br />

“alla Schlegel”. Dall’altra – e questa è l’osservazione più importante – per un limite che è<br />

insieme logico e dogmatico. Nell’esposizione solgeriana, Dio e l’uomo restano dei<br />

«presupposti», dei quali non viene indagato <strong>il</strong> rapporto. Il risultato è una contrapposizione<br />

irrisolta di determinazioni: da una parte noi siamo presupposti come <strong>il</strong> nulla che è <strong>il</strong> male;<br />

dall’altra sarebbe Dio, grazie al quale noi siamo, ad annientare se stesso e dunque a porsi<br />

proprio come quel nulla che in noi è detto <strong>il</strong> divino. Insomma: «Qui manca <strong>il</strong> momento<br />

della creazione i generale e in particolare della creazione dell’uomo ad immagine di Dio, e<br />

di conseguenza <strong>il</strong> momento del passaggio dall’unità soltanto originaria, che è solo in sé<br />

l’unità della natura umana con la natura divina non ancora entrata nell’esistenza, a ciò che<br />

è espresso come l’apparenza e <strong>il</strong> nulla» 362 . La rivelazione è <strong>il</strong> contenuto della f<strong>il</strong>osofia, ma<br />

la f<strong>il</strong>osofia della rivelazione deve essere al tempo stesso f<strong>il</strong>osofia della creazione.<br />

Non posso approfondire qui i vari passaggi dell’articolazione di questa intuizione<br />

hegeliana, fra i quali si devono certamente ricordare la riproposizione dell’argomento<br />

ontologico nella sua radicalità di fondazione f<strong>il</strong>osofica per eccellenza e la definizione delle<br />

tre «sfere particolari» della religione nei §§566-570 dell’Enciclopedia (§§466-470<br />

nell’edizione del 1817). Quella che voglio sottolineare è la saldatura fra questa<br />

collocazione sistematica della religione e la via d’uscita dall’aporia di Spinoza sottolineata<br />

nella Scienza della logica. L’espandersi dell’assoluto non può essere un semplice accadere,<br />

nel quale, come accade nella rappresentazione orientale dell’emanazione della luce «che<br />

<strong>il</strong>lumina se stessa», così come nel neoplatonismo al quale Solger concede troppo, l’essere<br />

360<br />

K.W.F. Solger, Nachgelassene Schriften und Briefwechsel, a cura di L. von Tieck & F. von Raumer,<br />

Brockhaus, Leipzig 1826, vol. I, p. 632.<br />

361<br />

G.W.F. Hegel, Solgers nachgelassene Schriften und Briefwechsel cit., p. 242.<br />

362 Ibid., p. 239.<br />

Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />

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