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Vol. 1 ‐ Anno 2012 ‐ Numero 1 Quale esperienza per la f<strong>il</strong>osofia della religione? <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />

f<strong>il</strong>osofia negativa dinanzi alla religione da una parte, e dall’altra una posizione f<strong>il</strong>osofica<br />

che potremmo dire antropologizzante nei confronti della religione – almeno nel senso di<br />

un’antropologia definita secondo i criteri di un certo positivismo scientifico. Questa più<br />

precisa solidarietà è constatab<strong>il</strong>e attraverso la scoperta di una perfetta compatib<strong>il</strong>ità tra <strong>il</strong><br />

dire solo l’indicib<strong>il</strong>ità della religione e <strong>il</strong> limitarsi ad analizzare della religione solo i suoi<br />

effetti o le sue pratiche esteriori ed oggettivab<strong>il</strong>i. Una compatib<strong>il</strong>ità, questa, che suona<br />

come architettata o almento architettab<strong>il</strong>e complementarità.<br />

Sotto la rubrica della religiöse Ph<strong>il</strong>osophie, allora, si prof<strong>il</strong>a in definitiva una doppia<br />

complementarità: da una parte tra f<strong>il</strong>osofia religiosa e f<strong>il</strong>osofia negativa dinanzi alla<br />

religione, dall’altra tra quest’ultima e una f<strong>il</strong>osofia della religione oggettivante e<br />

antropologizzante (in senso positivista). In questa interpretazione tripartita la doppia<br />

complementarità mostra come la religiöse Ph<strong>il</strong>osophie si rivela paradossalmente<br />

congruente con una forma particolarmente oggettivante di Ph<strong>il</strong>osophie der Religion.<br />

3. Un passo in avanti rispetto a questa interpretazione (tripartita) di “f<strong>il</strong>osofia della<br />

religione” è possib<strong>il</strong>e farlo se nella “religione” di Ph<strong>il</strong>osophie der Religion non si implicano<br />

solo gli effetti esteriori, oggettivab<strong>il</strong>i e analizzab<strong>il</strong>i da un osservatore esterno. È possib<strong>il</strong>e<br />

farlo, cioè, se insieme a questi effetti è implicata anche la rivelazione del sacro, del divino,<br />

di un dio – personale o meno. Anzi, ancor meglio, se quegli effetti sono implicati nella<br />

misura in cui sono espressione di tale rivelazione. Con questo passo in avanti si apre <strong>il</strong><br />

campo di indagine che mi sembra proprio di quella che viene chiamata “ermeneuetica<br />

della rivelazione”. Con essa si tiene debitamente conto di quanto la rivelazione dice di<br />

specifico, smussando l’atteggiamento esclusivamente oggettivante e rendendo quindi più<br />

complessa la Ph<strong>il</strong>osophie der Religion, che per questo motivo non sarebbe mai riducib<strong>il</strong>e<br />

ad un atteggiamento positivista.<br />

Va però anche detto che quello dell’ermeneutica della rivelazione è un approccio che nello<br />

stesso tempo mantiene comunque aperto <strong>il</strong> terreno di studio proprio dell’atteggiamento<br />

strettamente oggettivante di cui si è parlato prima. Infatti, anche l’atteggiamento passivo,<br />

ricettivo, proprio di un’ermeneutica della rivelazione, non deve far dimenticare che<br />

nell’ermeneutica della rivelazione quanto è ricevuto della rivelazione è sempre ricevuto<br />

come un oggetto, nella forma di un oggetto di studio, sotto l’aspetto di un oggetto da<br />

sottoporre all’analisi della successiva considerazione f<strong>il</strong>osofica.<br />

4. La mia impressione è pertanto che tutte queste interpretazioni di “f<strong>il</strong>osofia della<br />

religione” (quella tripartita come quest’ultima, ermeneutica) continuino a sottendere, una<br />

visione dualista di f<strong>il</strong>osofia e religione, anche se attraverso articolazioni diverse delle due.<br />

Tale visione, di fatto, è storicamente emersa in gran parte attraverso la rivendicazione<br />

forte dell’autonomia della religione – e contemporaneamente dell’autonomia della<br />

f<strong>il</strong>osofia. È vero, la soluzione che si potrebbe dire classica al rischio di dualismo insito nel<br />

gesto di questa doppia rivendicazione di autonomia sta nel non confondere “separazione”<br />

e “distinzione”: si dirà allora che la doppia rivendicazione di autonomia distingue e non<br />

separa f<strong>il</strong>osofia e religione.<br />

Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />

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