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Vol. 1 ‐ Anno 2012 ‐ Numero 1 Quale esperienza per la f<strong>il</strong>osofia della religione? <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />

punto avverte necessario investire della sua unica domanda etico-soterica un modo e una<br />

struttura costitutivi della coscienza» 81 .<br />

Si tratta di una consanguineità, per così dire, che è espressa dallo sforzo comune a<br />

entrambe di indagare <strong>il</strong> rapporto dell’uomo con quell’Altro che, è stato a ragione<br />

osservato, è assieme <strong>il</strong> suo fondamento, <strong>il</strong> suo fine e la sua origine e che proprio per<br />

questo ha ricevuto molteplici nomi: essere, infinito, assoluto, Dio, Universo.<br />

L’interrogazione f<strong>il</strong>osofico-religiosa è una interrogazione sul fondamento, una Grundfrage,<br />

organizzata da questo punto di vista su un delicato equ<strong>il</strong>ibrio dialettico o, se vogliamo, su<br />

un vero e proprio patto: «La f<strong>il</strong>osofia della religione è possib<strong>il</strong>e – afferma per esempio<br />

Giuseppe Riconda – solo se si stringe un patto tra f<strong>il</strong>osofia e religione per cui l’una non<br />

fagociti o renda insignificante l’altra» 82 ; è quanto, in buona sostanza, asserisce pure Pietro<br />

De Vitiis nel suo paper veronese, allorché ammonisce in via preliminare che «la difficoltà<br />

fondamentale della f<strong>il</strong>osofia della religione sta nel trovare un rapporto equ<strong>il</strong>ibrato tra i due<br />

elementi che la compongono, appunto la f<strong>il</strong>osofia e la religione».<br />

Beninteso, su questo terreno si decide della posta in gioco. L’orientamento di pensiero<br />

che, lungi dal porre <strong>il</strong> religioso come “una dimensione autonoma della coscienza”, tende<br />

viceversa a identificarne la natura e gli stessi interrogativi con quelli di f<strong>il</strong>osofia e etica,<br />

tende a trattare la medesima materia («L’Universo e <strong>il</strong> rapporto dell’uomo con esso»,<br />

secondo una nota formula schleiermacheriana) nel medesimo modo e non già «in modo<br />

completamente differente». Questa identità dell’oggetto, vale a dire l’uguaglianza che <strong>il</strong><br />

succitato Friedrich Schleiermacher nella celebre seconda Rede non mancava di indivduare<br />

come causa di numerosi errori, alimenta infatti quella che qualcuno ha definito la<br />

“tentazione totalizzante”, la tentazione cioè della f<strong>il</strong>osofia (o anche della religione) di<br />

inglobare la totalità del reale nella propria visione interpretativa, sacrificando la dialettica<br />

e la tensione, sistematizzando poi <strong>il</strong> reale in modo un<strong>il</strong>aterale nelle proprie, specifiche<br />

categorie concettuali. Questa «tentazione totalizzante» si è storicamente sv<strong>il</strong>uppata e<br />

configurata in vario modo: come la scelta escludente, un<strong>il</strong>aterale o b<strong>il</strong>aterale, di un<br />

termine rispetto all’altro (la f<strong>il</strong>osofia rispetto alla religione: come nell’<strong>il</strong>luminismo inglese e<br />

francese – e, più problematicamente, in quello tedesco – attraverso le rigide teorizzazioni<br />

di impianto deistico; nel positivismo; nel materialismo dialettico; o la religione rispetto alla<br />

f<strong>il</strong>osofia: si pensi a Blaise Pascal, Søren Kierkegaard o ancora Karl Barth); come<br />

identificazione per assorbimento di un termine nell’altro (la religione è assorbita e<br />

inglobata dalla f<strong>il</strong>osofia, come nel caso hegeliano rappresentato dall’interno movimento<br />

dialettico dello Spirito assoluto attraverso le figure dell’arte, della religione e finalmente<br />

della f<strong>il</strong>osofia); come confinamento (la f<strong>il</strong>osofia è confinata dalla religione in una posizione<br />

subalterna, ha cioè “diritto di cittadinanza” per <strong>il</strong> credente ma soltanto nella misura in cui,<br />

fatta salva la fede nella verità rivelata, essa si limiti a approntare quegli strumenti che soli<br />

possono sgombrare <strong>il</strong> campo dal dubbio e “preparare la via” alla ragione; la f<strong>il</strong>osofia intesa<br />

cioè come anc<strong>il</strong>la theologiae); o, ancora, come riconduzione dell’esperienza religiosa<br />

81<br />

A. Caracciolo, La religione come struttura e come modo autonomo della coscienza, Marzorati, M<strong>il</strong>ano 1965;<br />

Il Nuovo Melangolo, Genova 2000 2 , p. 315.<br />

82<br />

G. Riconda, “F<strong>il</strong>osofia, fenomenologia ed ermeneutica dell’esperienza religiosa”, in AA.VV., Introduzione allo<br />

studio della religione, UTET, Torino 1992, p. 49.<br />

Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />

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