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Vol. 1 ‐ Anno 2012 ‐ Numero 1 Quale esperienza per la f<strong>il</strong>osofia della religione? <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />
Ora vi sono nell’universo antropologico e nell’esperienza storica degli umani delle masse<br />
fenomeniche di vissuto che indicizzano un eidos (un’essenza eidetica) del religioso, in<br />
qualuque latitudine esse si manifestino. Al loro centro di propulsione vitale c’è <strong>il</strong><br />
sentimento religioso. Intendo con quest’ultima dizione una struttura esistentiva, una<br />
“condizione necessaria di possib<strong>il</strong>ità”. Essa istituisce un rapporto col divino o, se si<br />
preferisce, col sacro; diciamo pure con un referente totalmente altro. Tale rapporto,<br />
ovviamente, è vissuto secondo modalità plurime, anche molto diversificate e assai distanti<br />
tra loro (le diverse religioni). Peraltro ci si può porre una serie di domande in proposito. E<br />
sovente gli interrogativi in merito sono stati posti soprattutto sotto forma di obiezioni.<br />
Anzitutto ci si può chiedere: è quel “sentimento religioso”, vale a dire quella relazione<br />
effettivamente vissuta col divino, che consente di inferire l’esistenza di quel referente<br />
“totalmente altro” (<strong>il</strong> numinoso)? Oppure è quel referente che condiziona la genesi di quel<br />
sentimento? In secondo luogo si può avanzare legittimamente questa domanda: al di<br />
fuori di quel quadro di referenza, ossia di quella relazione col numinoso, quel termine di<br />
riferimento (quel referente) sussiste ancora? Insomma al di fuori di quella relazione<br />
(vissuta) <strong>il</strong> referente viene meno, oppure conserva uno statuto ontologico, ossia lo statuto<br />
dell’essere, sia pure in una irriducib<strong>il</strong>e “differenza ontologica”? Ad esempio, e ciò sia detto<br />
operando secondo una “variazione immaginativa”, se ci mettiamo al di fuori di una<br />
coscienza religiosa, tutto (vale a dire tutti gli enti del mondo, tutti gli esseri reali) sembra<br />
rientrare nel nostro “mondo di datità”. Beniteso in quest’ultima ipotesi sembra che sia <strong>il</strong><br />
religioso, vale a dire <strong>il</strong> quadro di referenza istituito dal vissuto religioso, a conferire<br />
consistenza reale (ontologica, veritativa) al numinoso. Ma ciò contraddice l’essenza<br />
dell’esperire religioso, cioè <strong>il</strong> suo eidos effettivo: in essa infatti <strong>il</strong> vettore di costituzione,<br />
ovvero la “condizione necessaria di possib<strong>il</strong>ità”, va dal numinoso al soggetto esperiente. E<br />
pertanto non viene meno nella sua consistenza ontologica (veritativa) nell’assenza di quel<br />
soggetto.<br />
Ciò comporta tre conseguenze di grande portata. La prima è che l’asse dell’esperienza<br />
religiosa è incardinato nell’individualità (intrasferib<strong>il</strong>e), in quanto è nell’individualità che si<br />
costituisce in vissuto <strong>il</strong> rapporto religioso e <strong>il</strong> riferimento al totalmente Altro. Ciò significa<br />
che <strong>il</strong> suo vissuto non è universalizzab<strong>il</strong>e, e per la sua comunicazione richiede le procedure<br />
della relazione intersoggettiva e interindividuale. La seconda è che <strong>il</strong> divino (ovvero, se si<br />
preferisce, <strong>il</strong> sacro) è sì esperib<strong>il</strong>e nel quotidiano, ma è sempre e solo l’esperienza<br />
religiosa che lo afferra, vale a dire che è in grado di captarlo. Non c’è altra via (psichica,<br />
magica, verificab<strong>il</strong>e sperimentalmente) che sia data per accedere a esso. La terza è che<br />
l’esperienza religiosa ha una propria forza storica e un proprio contenuto oggettivo. Essi,<br />
la forza e <strong>il</strong> contenuto, sono esplicab<strong>il</strong>i nel quotidiano e nella vita concreta degli umani,<br />
dando luogo, in maniera performativa, alle molteplici formazioni religiose e culturali<br />
dell’esistenza umana e storica.<br />
3.3.<br />
Senonché siamo di nuovo al nodo f<strong>il</strong>osofico del problema dell’esperienza. Esso si propone<br />
in due angolature. Anzitutto come problema f<strong>il</strong>osofico dell’esperienza: cos’è l’esperienza<br />
nella sua valenza più complessiva e non meramente conoscitiva. In secondo luogo come<br />
Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />
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