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Vol. 1 ‐ Anno 2012 ‐ Numero 1 Quale esperienza per la f<strong>il</strong>osofia della religione? <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />

Sì, si tratta certamente di un et-et per la f<strong>il</strong>osofia della religione, e ciò è forse motivato dal<br />

fatto di tener fede alla storicità ineludib<strong>il</strong>e della disciplina. Infatti, questo et-et certamente<br />

descrive proprio <strong>il</strong> “gioco” della secolarizzazione, che fa muovere la f<strong>il</strong>osofia della religione<br />

in modo ambivalente e spesso contemporanemente verso la teologia f<strong>il</strong>osofica e verso<br />

l’ermeneutica della rivelazione, verso una f<strong>il</strong>osofia che dice i propri limiti e si fa negativa<br />

dinanzi alla religione e verso l’antropologizzazione positivista della religione.<br />

Ma anche no; no, perché è interessante dire la specificità terza della Religionsph<strong>il</strong>osohie,<br />

perché è interessante dire che la Religionsph<strong>il</strong>osophie è nec religiöse Ph<strong>il</strong>osophie nec<br />

Ph<strong>il</strong>osophie der Religion – come in parte qui ho già fatto. Ancor meglio: successivamente<br />

a questo nec-nec è interessante sperimentare, fare l’esperienza…, di qualcosa di<br />

radicalmente altro rispetto alla variegata posta in gioco che ci ha consegnato la<br />

modernità, ovvero sperimentare anche ciò che resiste, sfugge, non si lascia spiegare nei<br />

termini che descrivono l’orizzonte della secolarizzazione. L’esperienza e lo sperimentare<br />

divengono pertanto la cifra della f<strong>il</strong>osofia della religione nella sua specificità positiva di<br />

Religionsph<strong>il</strong>osophie. Va detto che questo sperimentare non è “folle volo” al di là delle<br />

colonne d’Ercole, non è la hybris di sottrarsi alla storia, ma piuttosto la necessità di<br />

muoversi nella storia in cui pure si sta. Quindi questa esperienza e questo sperimentare<br />

non sono la disdetta ma <strong>il</strong> destino stesso della postura ermeneutica la quale,<br />

comprendendo l’orizzonte, lo sposta, lo modifica, lo riconfigura. Allora questo<br />

sperimentare non è nemmeno un placet experiri, che fa sprofondare l’esperienza nel<br />

compiacimento di se stessa, sottraendola ad ogni destino non immediatamente edificante,<br />

non previamente salvo, non al sicuro di un risultato piacevole.<br />

Il sic et non dato alla lettura della Religionsph<strong>il</strong>osophie come et religiöse Ph<strong>il</strong>osophie et<br />

Ph<strong>il</strong>osophie der Religion implica dunque anche e al contempo un nec religiöse Ph<strong>il</strong>osophie<br />

nec Ph<strong>il</strong>osophie der Religion. Se l’et-et dice l’assunzione della storicità passata, tradita, a<br />

noi consegnata come ciò che ci costitisce per quello che abbiamo e siamo, <strong>il</strong> nec-nec ci<br />

spinge all’assunzione della storicità presente, del vivere <strong>il</strong> presente storico come muoversi<br />

nella storia, come sperimentazione che è capace di muovere la storia, sperimentazione<br />

che ci costituisce in quello che facciamo.<br />

Questa riflessione per lo più metodologica indica con forza che quella dell’“esperienza” è<br />

una nozione affatto priv<strong>il</strong>egiata per comprendere la specificità in questione della<br />

Religionsph<strong>il</strong>osophie.<br />

6. La nozione di “esperienza” ha notoriamente uno statuto particolarmente complesso: in<br />

particolare, fonte principale di questa complessità è <strong>il</strong> fatto che essa sia radicata nel<br />

vissuto individuale ma allo stesso tempo necessariamente aperta all’evenienza di qualcosa<br />

di radicalmente contingente per l’individuo stesso, <strong>il</strong> quale di fatto finisce per essere da<br />

quello costituito. Chi esperisce è qualcuno che fa qualcosa, ma allo stesso tempo è<br />

qualcuno perché esperisce. La contemporanea insistenza su questi due aspetti<br />

dell’esperire configura una circolarità interna alla nozione di “esperienza”.<br />

Se mettiamo l’accento su questa circolarità, allora, l’esperienza religiosa sembra divenire<br />

un caso particolarmente esemplare per l’esperienza in generale, dal momento che la<br />

specificità religiosa dell’esperienza sta anche proprio nell’ambivalenza di quanto<br />

Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />

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