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Vol. 1 ‐ Anno 2012 ‐ Numero 1 Quale esperienza per la f<strong>il</strong>osofia della religione? <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />
Una sim<strong>il</strong>e concezione dell’esperienza religiosa (o almeno di quell’esperienza religiosa cui<br />
deve far riferimento la f<strong>il</strong>osofia della religione) incontra tuttavia numerose difficoltà: la<br />
prima di queste è certamente data dalla natura dell’esperienza mistica stessa nel suo<br />
essere incondivisib<strong>il</strong>e, inverificab<strong>il</strong>e, comunicab<strong>il</strong>e in genere solo per mezzo di allusioni<br />
metaforiche 193 e inaccessib<strong>il</strong>e al pensiero concettuale; un’esperienza di questo genere,<br />
dunque, sembrerebbe proprio non poter divenire tema di indagine f<strong>il</strong>osofica. La seconda<br />
ragione di perplessità riguardo a una sim<strong>il</strong>e concezione dell’esperienza religiosa è che essa<br />
rischia di ridurre Dio a uno dei tanti enti del mondo o a un semplice loro analogo,<br />
esperib<strong>il</strong>e appunto in modo analogo a questi oggetti. Un terzo problema, molto più grave,<br />
è che l’identificazione dell’esperienza religiosa tout court con l’esperienza mistica esclude<br />
dall’esperienza religiosa non solo la maggior parte degli uomini, ma la maggior parte dei<br />
credenti; la massima parte di loro, infatti, non ha mai avuto un’esperienza mistica (almeno<br />
intendendo l’esperienza mistica in un senso forte, lasciando cioè da parte ogni possib<strong>il</strong>e<br />
proposta di considerare come esperienze mistiche certi vissuti quotidiani quali, per<br />
esempio, <strong>il</strong> semplice fatto di sentire la “voce” della nostra coscienza); al tempo stesso,<br />
però, sembrerebbe bizzarro, e forse anche ingiusto nei confronti di questi credenti,<br />
pensare che la loro fede sia separata dall’esperienza religiosa. Infine ritengo che una<br />
sim<strong>il</strong>e concezione non colga effettivamente nemmeno <strong>il</strong> vero nocciolo dell’esperienza<br />
mistica (come spero di riuscire a mostrare nel seguito).<br />
Tutti questi problemi sembrano superab<strong>il</strong>i attraverso un cambiamento di prospettiva, cioè<br />
ricercando la peculiarità dell’esperienza religiosa non nel suo oggetto, ma in una<br />
particolare modalità dell’esperire o del vivere. Del resto <strong>il</strong> medesimo discorso vale anche<br />
per l’esperienza estetica: la peculiarità di questa non risiede infatti nei suoi oggetti, ma in<br />
una modalità dell’esperire; se io infatti mi limitassi a fare l’esperienza di un’opera d’arte o<br />
di un bellissimo paesaggio naturale nello stesso senso in cui esperisco l’esistenza e le<br />
proprietà di un qualsiasi oggetto sensib<strong>il</strong>e, questa mia esperienza non sarebbe certamente<br />
un’esperienza estetica; l’esperienza estetica consiste nel vivere l’opera d’arte o <strong>il</strong><br />
paesaggio naturale in modo ben diverso da quella che può essere la semplice empiria.<br />
L’ipotesi che intendo proporre qui (senza poter naturalmente argomentarla con<br />
completezza, né tanto meno sv<strong>il</strong>upparla) è che la modalità dell’esperire in cui consiste<br />
l’esperienza religiosa sia una modalità affettiva, e che questa modalità sia duplice,<br />
declinandosi nel credere e nell’amare. Nelle prossime pagine tenterò di esaminare<br />
brevemente queste due declinazioni dell’esperienza religiosa come esperienza affettiva,<br />
cercando di mostrare che non si tratta di due modalità affettive del tutto estranee tra loro,<br />
ma piuttosto di due aspetti strettamente legati di una modalità affettiva duplice. Infine<br />
tenterò di mostrare come altri generi di esperienza che vengono a volte considerati come<br />
Certamente le tesi di questo libro e la concezione dell’esperienza religiosa in esso espressa sono molto<br />
articolate e non possono essere ridotte a queste poche righe; tuttavia rientrano nell’indirizzo generale sopra<br />
descritto.<br />
193 Nel caso in cui una persona racconti di aver udito una voce che le avrebbe detto esattamente certe parole,<br />
questa persona ci presenta un’esperienza comunicab<strong>il</strong>e; la maggior parte delle narrazioni di esperienze<br />
mistiche, tuttavia, non è di questo tipo, ma si svolge invece per metafore che sono in grado di accennare<br />
all’esperienza, ma non di rendere comunicab<strong>il</strong>e un’esperienza stessa che va al di là delle possib<strong>il</strong>ità del<br />
linguaggio.<br />
Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />
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