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Vol. 1 ‐ Anno 2012 ‐ Numero 1 Quale esperienza per la f<strong>il</strong>osofia della religione? <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />
LA QUESTIONE DELLA FILOSOFIA DELLA RELIGIONE A PARTIRE DA<br />
JEAN HÉRING: FENOMENOLOGIA DELL’ESPERIENZA E POSITIVITÀ<br />
Giuseppe Di Salvatore<br />
0. La traduzione e la pubblicazione del testo di Jean Héring Fenomenologia e religione<br />
(Edizioni <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong>, Verona 2009) è stata l’ispirazione della<br />
giornata di studio “Quale esperienza per la f<strong>il</strong>osofia della religione?”. È infatti questo testo<br />
che permette di ricalibrare la nozione di “f<strong>il</strong>osofia della religione” a partire e attraverso la<br />
proposta di mettere al centro la nozione di “esperienza”, articolata attraverso la teoria<br />
fenomenologica (particolarmente quella husserliana). In questa sede, allora, voglio<br />
riprendere <strong>il</strong> programma héringhiano di innestare la fenomenologia nella f<strong>il</strong>osofia della<br />
religione, approfondendone la complessità, l’interesse e la problematicità. Questo si<br />
configura evidentemente come lo sforzo di ritornare sulla vexata quaestio dello statuto<br />
della disciplina di “f<strong>il</strong>osofia della religione” e penetrarne tutta la difficoltà discernendo tra<br />
le diverse interpretazioni sostenute.<br />
Per fare ciò non entrerò nel dettaglio delle argomentazioni espresse con molta chiarezza<br />
da Héring nel suo testo del 1925. Mi voglio soffermare esclusivamente sul titolo del libro<br />
da me tradotto, Phénoménologie et ph<strong>il</strong>osophie religieuse, che ha presentato un problema<br />
di traduzione particolarmente significativo e degno di attenzione: questo problema<br />
attraversa interamente la proposta teorica di Héring e ci permette ora di approfondire in<br />
modo originale <strong>il</strong> tema del rapporto tra la questione della “f<strong>il</strong>osofia della religione” e la<br />
nozione di “esperienza”.<br />
1. Fenomenologia e religione, in effetti, può suonare una traduzione maldestra di<br />
Phénoménologie et ph<strong>il</strong>osophie religieuse, dal momento che pare non rendere conto<br />
dell’espressione francese “ph<strong>il</strong>osophie religieuse”, dietro la quale in realtà si nasconde<br />
tutta la problematicità dello statuto della disciplina di “f<strong>il</strong>osofia della religione”. In<br />
particolare, tale problematicità si può riassumere nel problema del “genitivo” di “f<strong>il</strong>osofia<br />
della religione”. Per esplicitare in modo non ambiguo la doppia opzione del genitivo di<br />
“f<strong>il</strong>osofia della religione” è ut<strong>il</strong>e appoggiarsi alla lingua tedesca, con cui peraltro Héring si<br />
è formato e con cui – mi sento di dire – Héring pensa f<strong>il</strong>osoficamente. Le due opzioni si<br />
dicono allora religiöse Ph<strong>il</strong>osophie, per “f<strong>il</strong>osofia della religione” con <strong>il</strong> genitivo soggettivo,<br />
e Ph<strong>il</strong>osophie der Religion, per “f<strong>il</strong>osofia della religione” con <strong>il</strong> genitivo oggettivo. Ora<br />
quello che credo poter sostenere è che Héring sceglie “ph<strong>il</strong>osophie religieuse” non tanto<br />
perché ha in mente la religiöse Ph<strong>il</strong>osophie, ma perché vuole evitare di far pensare alla<br />
Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />
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