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Vol. 1 ‐ Anno 2012 ‐ Numero 1 Quale esperienza per la f<strong>il</strong>osofia della religione? <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />

una f<strong>il</strong>osofia della religione, al contrario, ci si aspetta piuttosto che essa abbia uno spettro<br />

di considerazione universale, cioè che esca dai limiti di una tra le specifiche religioni<br />

storiche per considerare l’ambito del religioso in generale come importantissimo aspetto<br />

della vita umana. Occorre tuttavia comprendere che una ricerca f<strong>il</strong>osofica che intenda<br />

tematizzare con approccio fenomenologico oppure ermeneutico l’esperienza religiosa si<br />

rivolge sempre necessariamente a un’esperienza religiosa vissuta in un certo contesto<br />

storico-culturale, che non può che essere quella del f<strong>il</strong>osofo stesso 202 . Al contrario una<br />

f<strong>il</strong>osofia della religione che intenda affrontare la questione del religioso ponendo tutte le<br />

religioni storiche sullo stesso piano senza alcuna preferenza per nessuna di loro non può<br />

certamente avere <strong>il</strong> proprio punto di riferimento nell’esperienza religiosa, ma lo deve<br />

invece cercare in una conoscenza oggettiva della religione (o delle religioni) come<br />

fenomeno storico-culturale.<br />

Per un’indagine f<strong>il</strong>osofica (sia essa ermeneutica o fenomenologica) che si ponga come<br />

tema centrale l’esperienza religiosa, dunque, <strong>il</strong> riferimento a una precisa tradizione non è<br />

né un errore che si possa o si debba evitare, né meramente un limite invalicab<strong>il</strong>e, bensì è<br />

propriamente un carattere fondamentale di tale indagine connaturato al suo stesso<br />

oggetto; la f<strong>il</strong>osofia dell’esperienza religiosa può dunque svolgersi solamente nell’ambito<br />

di questo riferimento, che costituisce per essa (per così dire) <strong>il</strong> suo ambiente naturale,<br />

cioè l’unico orizzonte in cui è corretto che essa si svolga. Tale ricerca f<strong>il</strong>osofica può<br />

dunque solamente interpretare o descrivere un’esperienza religiosa effettiva, lasciando la<br />

questione dell’universalizzab<strong>il</strong>ità delle acquisizioni dell’indagine a un momento ulteriore<br />

che, pur fondandosi certamente sulla conoscenza oggettiva delle altre religioni come<br />

fenomeni storico-culturali, non può però sottrarsi al compito del dialogo vivo tra credenti<br />

(cioè tra persone aventi un’esperienza religiosa vissuta) di diverse religioni o comunque<br />

tra individui appartenenti a culture diverse.<br />

202 Si può dire che l’esperienza religiosa in questione sia necessariamente l’esperienza vissuta del f<strong>il</strong>osofo<br />

credente, oppure si può pensare che anche <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo non credente possa avere esperienze in qualche modo<br />

religiose e possa fare di queste esperienze l’oggetto di una f<strong>il</strong>osofia dell’esperienza religiosa? Se ammettiamo<br />

che l’esperienza religiosa fondamentale sia l’esperienza vissuta e immediata del credere e dell’amare in senso<br />

religioso, la risposta a questa domanda sembra dover essere negativa. In ogni caso, però, anche un f<strong>il</strong>osofo<br />

non credente che tenti di elaborare una f<strong>il</strong>osofia dell’esperienza religiosa con approccio fenomenologico o<br />

ermeneutico non può che rivolgersi alla propria esperienza vissuta, che certamente è situata in un contesto<br />

storico e in una certa tradizione (o al limite in un contesto segnato dalla contaminazione di alcune tradizioni,<br />

ma non certamente di tutte).<br />

Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />

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