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Vol. 1 ‐ Anno 2012 ‐ Numero 1 Quale esperienza per la f<strong>il</strong>osofia della religione? <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />
vera” (Axiomata, IX), versione moderna del “d<strong>il</strong>emma di Eutifrone” platonico – meglio:<br />
“una” delle versioni moderne, che attestano una sorta di “eterno ritorno del d<strong>il</strong>emma di<br />
Eutifrone”, “ferita non chiusa” nel cuore della religiosità occidentale – per cui (nella<br />
soluzione che ne dà Socrate contro Eutifrone) «in quanto è santo [qualcosa] viene amato,<br />
e non, invece, in quanto viene amato, per questo è santo» (Euthyphr. 10d).<br />
Questo si intende dire: che si tratti di separare <strong>il</strong> «santo» (to hósion) dal «caro agli dèi»<br />
(to theoph<strong>il</strong>és), facendone una sostanza autonoma, un’idea dell’anima, anziché la<br />
proprietà accidentale di una giustizia comandata da Dio e, alla fine, di credenze<br />
provenienti dalla tradizione religiosa e passivamente ripetute, com’è nell’Eutifrone, oppure<br />
si tratti di affermare che la Bibbia non esaurisce la religione, preesistendo, questa, alla<br />
formazione del canone e restando “vera” anche in assenza di codificazione scritturale,<br />
come avviene in Lessing contro <strong>il</strong> biblicismo protestante, ciò che è in gioco è un’inversione<br />
radicale: non perché amata dagli dèi, non perché scritta, canonizzata, quell’azione è<br />
santa, quella parola è vera, in nome di un principio eteronomo, ma tale può dirsi solo in<br />
nome di un’istanza – giudizio o lume – indipendente e interiore che né la volontà divina né<br />
un’autorità estrinseca possono avocare a sé: solo, dunque, nel libero discernimento e<br />
nell’<strong>il</strong>luminazione provenienti dalla rivelazione attuale, la cui voce è dato udire sempre con<br />
fatica, nel rischio e non senza mescolanza di impurità. In fondo, tutto ciò altro non è che<br />
sottrarre la religione all’equazione metafisica del verum-certum e vichianamente<br />
assoggettarla, più um<strong>il</strong>mente, a quella del verum-factum. Tale appare la religione della<br />
«mano sinistra di Dio» celebrata da Lessing nel celebre testo di Una controreplica.<br />
In questa prospettiva, <strong>il</strong> pensiero religioso liberale si pone come una “terza via” nel<br />
dominio del religioso, nello scomodo metaxù compreso tra confessionalismi e critica<br />
radicale della religione, sin dall’inizio espulsa dalle Chiese, emarginata e perseguitata, ed è<br />
stata, per D<strong>il</strong>they, la tragedia del protestantesimo e più in generale del cristianesimo<br />
europeo. Proprio D<strong>il</strong>they, come si è accennato, ha fornito una precisa caratterizzazione<br />
storiografica di tale linea speculativo-religiosa: si tratta di quella corrente, nata dallo<br />
spiritualismo umanistico del Cinquecento che <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo storicista, nei saggi raccolti ne<br />
L’analisi dell’uomo e l’intuizione della natura dedicati alle origini spirituali del mondo<br />
moderno e alla formazione del «sistema naturale delle scienze dello spirito», ha indicato<br />
come «teologia speculativa o trascendentale» (spekulative oder transzendentale<br />
Theologie, oppure solo transzendentale Theologie), ponendola accanto ad altri due<br />
indirizzi: quello «razionalistico» erasmiano e quello «ortodosso», o «ecclesiastico».<br />
Della «teologia trascendentale» – in cui D<strong>il</strong>they riconosce <strong>il</strong> punto di sv<strong>il</strong>uppo del<br />
cristianesimo europeo in cui l’esperienza religiosa si emancipa dai confessionalismi – <strong>il</strong> più<br />
significativo rappresentante è Sebastian Franck, l’umanista, <strong>il</strong> discepolo di Erasmo, <strong>il</strong><br />
mistico estraneo a tutte le Chiese, l’autore dei Paradoxa, colui che anticipa la f<strong>il</strong>osofia<br />
della religione di Kant e Schleiermacher, i quali – è tesi anche troeltschiana – a lui, più che<br />
a Lutero, si ricollegano idealmente.<br />
Chiudo queste riflessioni evocando due testi paradigmatici: l’uno tratto dai Paradossi di<br />
Sebastian Franck (1534), appena evocato, l’altro, di Karl Jaspers, tratto dalla disputa sulla<br />
demitizzazione bultmanniana (1954), quasi a racchiudere in essi lo spazio di quella Sache,<br />
Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />
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