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Vol. 1 ‐ Anno 2012 ‐ Numero 1 Quale esperienza per la f<strong>il</strong>osofia della religione? <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />

fenomenologico allorchè si prenda sul serio l’istanza di “riallargamento” del panorama<br />

della fenomenalità rispetto al “restringimento” husserliano dell’infinito campo<br />

dell’esperienza alla forma del vissuto coscienziale. Il “pericolo” di una ricaduta nella<br />

metafisica classica è del tutto <strong>il</strong>lusorio, in quanto né la donazione (Marion) né la Vita<br />

(Henry), se correttamente intesi, danno luogo ad un “pensiero del fondamento”, ma anzi<br />

nominano – cercando di articolarli f<strong>il</strong>osoficamente – <strong>il</strong> processo attraverso cui la<br />

fenomenalità ad-viene, accade entro uno spazio originario che già da sempre ci coinvolge<br />

e ci interpella. Così, né la fenomenologia della donazione né la fenomenologia della Vita<br />

fanno di queste due istanze fenomenologiche delle vere e proprie cause della<br />

fenomenalità, che viene così restituita alla propria autonomia di manifestazione.<br />

Su queste brevi premesse riguardanti lo statuto fenomenologico dell’esperienza, che<br />

meriterebbero tuttavia un’argomentazione ben più ampia 334 , è possib<strong>il</strong>e – con Marion 335 –<br />

sollevare alcune questioni relative al rapporto tra f<strong>il</strong>osofia ed esperienza del divino. Non è<br />

forse tempo di rimettere in discussione l’antica convinzione, secondo cui “perdendo la<br />

fede, si guadagna in ragione”? Se, per eccesso di ragione, si espelle la fede dall’ambito di<br />

“ciò che è pensab<strong>il</strong>e” (evidentemente nella forma della costituzione intenzionale tipica di<br />

ogni Erlebnis), ci si trova tuttavia ad ammettere che la ragione è incapace di comprendere<br />

una parte – anzi, la parte decisiva – di ciò che la nostra vita ci fa sperimentare. Così, si<br />

afferma rapidamente che la ragione non comprende tutto e bisogna ammettere spazi<br />

immensi che restano incomprensib<strong>il</strong>i e irrazionali, da abbandonare alla credenza e<br />

all’opinione. Li si espelle – insieme alla fede - dal campo del pensab<strong>il</strong>e, e da questo<br />

“sonno della ragione” sorgono allora gli incubi dell’ideologia, in quanto tale sempre<br />

violenta. Così, la separazione tra ragione e fede – considerata naturale – anziché<br />

corrispondere ad un “guadagno razionale”, procede parallelamente ad una mancanza di<br />

razionalità, ad un’auto-delimitazione della ragione dinnanzi a ciò che essa ritiene<br />

impensab<strong>il</strong>e. Ma se non si espelle ab origine la fede per eccesso di ragione, può accadere<br />

al contrario che la ragione stessa si apra ad un ambito – quello della Rivelazione – che<br />

chiede costantemente non solo di essere pensato, ma interpella la ragione stimolandola<br />

responsivamente, quindi responsab<strong>il</strong>mente. Così, paradossalmente, non si perde in<br />

ragione, perdendo la fede? E al contrario, agostinianamente, non si tratta di credere –<br />

almeno nel senso di “tenere provvisoriamente per vero” – per vedere?<br />

Ecco <strong>il</strong> problema, profondissimo, dinanzi a cui si trova la f<strong>il</strong>osofia in generale, e a maggior<br />

ragione la f<strong>il</strong>osofia della religione: quale tipo di razionalità ci può permettere di vedere?<br />

Ancora un richiamo a Marion: «Far uso della ragione, per noi, richiede innanzitutto di<br />

esercitarsi all’infinito, […] per far progredire le nostre capacità razionali applicandole non a<br />

qualche oggetto delimitato, ma a ciò che resisterà sempre, per definizione, alla<br />

definizione». E ancora: «Per noi, giungere a pensare davvero significa pensare l’infinito:<br />

specificità, tracciarvi dei percorsi continui, mettere a punto delle metodologie adeguate, ecco <strong>il</strong> compito della<br />

fenomenologia non intenzionale, senz’altro uno dei compiti della fenomenologia di domani», in M. Henry,<br />

Phénoménologie de la vie, PUF, Paris 2003, p. 121, trad. mia.<br />

334<br />

Mi permetto di rimandare al mio Introduzione alla fenomenologia francese, Edizioni Scientifiche Tangram,<br />

Torino 2011.<br />

335<br />

Si veda soprattutto <strong>il</strong> recente Le croire pour le voir, Communio, Paris 2010.<br />

Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />

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