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La condizione giovanile ai tempi della crisi - Irpet

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devoluzione delle funzioni di programmazione <strong>della</strong> rete e dell’offerta formativa,<br />

dovrebbe vedere protagoniste le Regioni quali pivot di una governance forte, capace<br />

di far collaborare in una visione strategica condivisa i principali attori istituzionali<br />

(Centri di ricerca, Università, associazioni datoriali e sindacati) e di intervenire nel<br />

meccanismo di produzione degli apprendimenti.<br />

Nell’ambito di questo macro-obiettivo il rapporto individua alcune proposte di<br />

riforma puntuali.<br />

Si tratta in primo luogo di tornare ad investire per restituire qualità e prestigio al<br />

canale di istruzione tecnico e professionale, impropriamente frazionato nei due<br />

omonimi tronconi. Un punto di attacco per raggiungere questo obiettivo viene individuato<br />

nella riorganizzazione e messa in filiera dei numerosi esperimenti formativi<br />

che si sono succeduti negli ultimi quindici anni e che hanno teso a ridurre con percorsi<br />

ad hoc la distanza, sul territorio, tra il mondo delle imprese e il mondo <strong>della</strong><br />

scuola. D<strong>ai</strong> percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP) <strong>ai</strong> percorsi<br />

post-secondari IFTS agli stessi ITS fino alle recenti iniziative riguardanti i Poli<br />

Tecnologici si tratta di iniziative accomunate dall’esigenza di organizzare sul territorio<br />

il rapporto tra l’offerta e la domanda di capitale umano, diminuendone il<br />

mismatch, e di favorire la buona transizione degli studenti al mondo del lavoro. In<br />

mancanza di un coordinamento forte, tuttavia, questi sforzi rischiano di risultare<br />

privi di continuità, parzialmente sovrapposti, privi di una garanzia di qualità e incapaci<br />

di sortire effetti formativi seri e duraturi, dunque forieri di spreco di danaro<br />

pubblico. Un primo elemento di riflessione è dunque quello relativo all’opportunità<br />

di riorganizzare questa pluralità di offerte formative, garantendone con appositi<br />

meccanismi di monitoraggio e selezione la qualità, dando loro una continuità e<br />

mettendole in filiera in modo tale da ricostituire un canale di istruzione tecnica e<br />

professionale fortemente connesso, ancorché non schiacciato, sul mondo produttivo,<br />

aperto verso l’alto a specializzazioni tecniche e professionali di grado superiore<br />

terziario, nel quale l’attività di apprendimento dei saperi formali sia affiancata<br />

in modo sistematico e rilevante da esperienze professionali svolte sia in aula che<br />

direttamente nei luoghi di lavoro. È chiaro che da questo punto di vista il sistema<br />

duale tedesco, per l’interazione fra mondo <strong>della</strong> formazione e mondo delle imprese,<br />

resta un punto di riferimento con cui confrontarsi.<br />

Il coinvolgimento delle aziende, d’altra parte, non dovrebbe limitarsi ad indirizzare<br />

il curriculum formativo delle scuole <strong>ai</strong> propri fabbisogni, intervenendo sul curriculum<br />

e ospitando gli studenti, e neppure soltanto alla partecipazione delle<br />

imprese al finanziamento delle scuole. Il punto dirimente ed anche il più difficile<br />

da realizzare sul lato <strong>della</strong> domanda riguarda l’implementazione di canali istituzionali<br />

scuola-impresa, che operino nella fase di orientamento dei giovani, ma che<br />

agiscano soprattutto come strumento di selezione del personale da parte delle imprese<br />

stesse.<br />

È questo il vero salto di qualità da fare per migliorare la transizione scuola lavoro<br />

e da questo punto di vista al modello duale tedesco si affianca certamente<br />

come punto di riferimento <strong>della</strong> riflessione anche il modello giapponese.<br />

In questa prospettiva il rapporto individua anche altre azioni di riforma sulle<br />

quali riflettere seriamente: dall’implementazione di sistemi di finanziamento welfare<br />

mix delle scuole da parte delle imprese, all’introduzione nell’asse formativo di<br />

principi di educazione all’imprenditorialità, alla costruzione infine di un curriculum<br />

locale principalmente, ma non solo, a carattere vocazionale o tecnico-professionale,<br />

da declinare in tutti i canali di insegnamento secondari, che faccia leva sulle norme<br />

attualmente vigenti e che danno la possibilità alle Regioni di impartire indicazioni<br />

curriculari sul 20% del tempo scuola finanziato dallo Stato.<br />

Per quanto riguarda l’istruzione universitaria, vengono individuate due misure<br />

possibili. <strong>La</strong> prima riguarda la costituzione di laboratori congiunti università impresa.<br />

Per alleviare il grave problema <strong>della</strong> progressiva tendenza del PHD a divenire<br />

un percorso che crea disoccupati di lusso è necessario orientare la formazione<br />

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