La condizione giovanile ai tempi della crisi - Irpet
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nità di disoccupazione e per l’eventuale applicazione delle sanzioni qualora il patto<br />
di servizio venga disatteso.<br />
A fianco delle agenzie di lavoro pubbliche operano soggetti privati profit e non<br />
profit cui è affidata la gestione di alcuni programmi pubblici per i disoccupati.<br />
Le politiche attive<br />
sono rimesse<br />
perlopiù all’azione<br />
delle Comunità<br />
autonome<br />
Il modello spagnolo<br />
Il modello spagnolo di gestione delle politiche del lavoro si caratterizza per:<br />
• un’organizzazione decentralizzata, al cui vertice presiede il Servicio Publico de<br />
Empleo Estatal - SEPE (ente centrale di diritto pubblico dipendente dal Ministero<br />
di Empleo y Seguridad Social) e alla cui base operano le agenzie territoriali<br />
del lavoro;<br />
• una co-gestione dei servizi per l’impiego a livello territoriale: a fianco dei servizi<br />
per l’impiego gestiti dal SEPE vi sono agenzie del lavoro gestite dalle Comunità<br />
autonome, che si occupano di diversificare e rafforzare le politiche attive<br />
secondo i bisogni del territorio;<br />
• una gestione parzialmente disgiunta di politiche attive e passive (le politiche<br />
attive sono perlopiù a carico delle agenzie gestite dalle Comunità autonome);<br />
• una tendenza al rafforzamento <strong>della</strong> cooperazione tra pubblico e privato nella<br />
gestione dei servizi per l’impiego.<br />
In Spagna i servizi per l’impiego statali si caratterizzano per la fornitura sia di<br />
politiche passive che attive, con una prevalenza delle prime; per quanto riguarda gli<br />
interventi di politica attiva, questi sono gestiti perlopiù dalle agenzie delle Comunità<br />
autonome, che non si occupano dell’erogazione di ammortizzatori. Diversamente<br />
da quanto visto per i Paesi dell’Europa centro-settentrionale, l’approccio<br />
all’utenza dei servizi all’impiego è in Spagna decisamente meno strutturato: nonostante<br />
esistano numerosi interventi di politica attiva, manca infatti un’efficiente<br />
procedura di profiling, che permetta l’inserimento dei soggetti in un percorso di<br />
efficace ricollocazione sul mercato del lavoro.<br />
Recentemente è stata stimolata la collaborazione tra servizi all’impiego statali e<br />
delle autonomie locali con soggetti privati, al fine di migliorare la capacità di collocamento<br />
dei disoccupati. In particolare, i servizi pubblici per l’impiego possono<br />
instaurare con soggetti specializzati accordi volti a favorire il collocamento di<br />
utenti con particolari difficoltà nell’inserimento lavorativo.<br />
4.1.3 Le politiche del lavoro per i giovani<br />
L’aggregato delle politiche del lavoro si compone di due principali macro-strumenti:<br />
a) le politiche attive, finalizzate al collocamento dei disoccupati; b) le politiche<br />
passive, che hanno lo scopo di proteggere il reddito dei soggetti disoccupati o<br />
inoccupati attraverso le indennità di disoccupazione e forme di reddito minimo.<br />
Nella maggioranza dei casi le politiche attive e quelle passive sono tra loro connesse<br />
attraverso il patto di servizio e, quindi, sottoposte a sanzione in caso di violazione<br />
degli obblighi contratti dal soggetto preso in carico d<strong>ai</strong> servizi per l’impiego.<br />
Le politiche attive<br />
Le politiche attive si sostanziano in attività di orientamento, assistenza e formazione<br />
finalizzate al (ri)collocamento dei disoccupati sul mercato del lavoro, anche<br />
attraverso sovvenzioni pubbliche e forme di autoimpiego. Nella generalità dei casi i<br />
servizi per l’impiego costituiscono il braccio operativo per questo tipo di programma<br />
e la loro attività è sottoposta ad una valutazione di efficacia dell’intervento<br />
da parte degli organismi statali committenti. Esistono, comunque, sostanziali differenze<br />
nella prassi organizzativa delle politiche attive, che definiscono i principali<br />
modelli di intervento su questo importante asse delle politiche del lavoro.<br />
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