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La condizione giovanile ai tempi della crisi - Irpet

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stema economico: questo favorisce strategie aziendali orientate alla “via maestra” allo sviluppo<br />

industriale, rendendo loro disponibili le competenze necessarie per l’investimento tecnologico<br />

e organizzativo che caratterizza questo tipo di strategie. Questo modello produce competenze<br />

professionali di tipo generale, spendibili in diversi contesti aziendali, e si basa sulla scuola, o<br />

su forme di integrazione tra scuola e azienda come nel sistema duale tedesco. Di contro, un<br />

modello di formazione di competenze orientato all’appropriatezza presenta una strategia di<br />

tipo reattivo, che forma solo le competenze direttamente richieste dal sistema economico. Al<br />

centro di questo tipo di modello ci sono dunque le aziende e il tr<strong>ai</strong>ning on the job, ed esso<br />

produce prevalentemente competenze specifiche, spendibili al meglio solo nel contesto aziendale<br />

in cui sono state prodotte.<br />

I punti forti del modello orientato alla ridondanza sono, oltre alla ridondanza di per sé, l’elevato<br />

livello di coesione sociale che si raggiunge con una vasta scolarizzazione, e la cooperazione<br />

<strong>della</strong> forza lavoro che viene a sua volta favorita dalla coesione sociale. Quanto al modello<br />

orientato all’appropriatezza, il primo punto forte è la riduzione dei costi all’essenziale: per questa<br />

ragione l’aumento <strong>della</strong> volatilità dei mercati e <strong>della</strong> competizione che le aziende si trovano<br />

di fronte tende a indebolire i sistemi basati sulla ridondanza, che si trovano di fronte a problemi<br />

di sostenibilità. Un secondo punto forte è la tempestività nell’adeguarsi del sistema alle variazioni<br />

<strong>della</strong> domanda, e anche questo evidentemente favorisce in questa fase storica un orientamento<br />

all’appropriatezza. Per quanto riguarda i punti deboli, il modello orientato alla<br />

ridondanza può spesso presentare problemi di costi, che gli attori possono in circostanze critiche<br />

avvertire come non giustificati da adeguati vantaggi a breve, come sta avvenendo negli<br />

ultimi anni da parte delle aziende giapponesi. Inoltre, la situazione di quei lavoratori che non<br />

entrano nel sistema e si trovano privi di qualifiche professionali e/o scolastiche, può diventare<br />

molto difficile per mancanza di opportunità di carriera: essi non riusciranno a scalare la “barriera<br />

delle competenze” (skill barrier: cfr. Esping-Andersen, Röhwer e Sorensen, 1994), che li<br />

esclude dal mercato del lavoro primario. Questa situazione si può riprodurre intergenerazionalmente,<br />

soprattutto quando la difficoltà scolastica si associa a variabili ascritte come<br />

l’etnicità: la segmentazione del mercato del lavoro può quindi diventare segmentazione sociale,<br />

con le conseguenze negative che a questa sono associate sia dal punto di vista socioeconomico<br />

(emarginazione, conflitto, anomia e così via) sia dal punto di vista etico-morale. Il<br />

modello orientato all’appropriatezza ha come punto debole la forte dipendenza dalla domanda,<br />

ovvero dalle aziende. Queste sono orientate, per loro natura, al breve periodo, e questo può<br />

produrre dei comportamenti subottimali a livello sistemico, in una struttura da “tragedia dei<br />

comuni”: nessun attore è incentivato alla produzione di competenze, e quindi le aziende, per<br />

essere competitive, scelgono la “scorciatoia” <strong>della</strong> competizione sui costi. Ma questo le<br />

espone alla concorrenza dei Paesi a basso costo del lavoro. Inoltre, la mancanza di un legame<br />

solido tra aziende e scuola può spingere quest’ultima verso una direzione fortemente<br />

generalista e accademica. In assenza, infatti, di una struttura di qualifiche scolastiche facilmente<br />

spendibili sul mercato del lavoro, le scelte dei giovani e delle famiglie si orientano verso<br />

titoli di studio generali, che possono produrre ritorni in tutte le occupazioni e settori industriali.<br />

Questo indebolisce ulteriormente le possibilità di competere per l’industria locale, se si fa eccezione<br />

per le punte tecnologicamente più avanzate, che si possono invece avvantaggiare<br />

delle competenze di alto livello prodotte dal sistema universitario. Dunque ciascuno dei due<br />

modelli presenta un possibile esito “perverso” che finisce per avvicinarlo, abbastanza paradossalmente,<br />

al modello opposto: il modello orientato alla ridondanza rischia di creare segmentazione<br />

del mercato del lavoro e sociale, mentre quello orientato all’appropriatezza rischia<br />

di creare un sovr<strong>ai</strong>nvestimento in formazione generale di tipo scolastico. Queste considerazioni<br />

non sono puramente analitiche, per non dire intellettualistiche, ma hanno esiti ben precisi<br />

dal punto di vista delle politiche dell’istruzione: è bene che queste siano quanto più possibili<br />

calate nel contesto specifico, non solo nazionale ma anche del segmento scolastico di interesse.<br />

Interventi troppo generali rischiano di avere esiti diversi in contesti diversi: quello che<br />

può andare bene per un livello scolastico può non andare bene per un altro.<br />

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