lavoro indipendente, contro il 22,4% del 1993. <strong>La</strong> minore propensione al lavoro autonomo, che da un lato può apparire in contrasto con la forte espansione delle forme di lavoro formalmente autonome ma sostanzialmente para-subordinate (Co.Co.Co., Co.Co.Pro. e prestazione di opera occasionale), è in parte spiegabile col tardivo inserimento occupazionale dei giovani di oggi, che faticano prima dei 30 anni ad accumulare l’esperienza necessaria per avviare un’attività indipendente. Inoltre, gran parte <strong>della</strong> contrazione del tasso di lavoro indipendente <strong>giovanile</strong> è riconducibile agli anni <strong>della</strong> <strong>crisi</strong>, che ha duramente colpito sia le imprese dell’artigianato che il mondo delle professioni, aumentando così l’avversione al rischio imprenditoriale dei giovani toscani. I dati sulla composizione dell’occupazione toscana tra profili professionali confermano che anche in Toscana si è verificato un cambiamento delle opportunità occupazionali (Graf. 1.15). A differenza degli Stati Uniti, in Italia e in Toscana dalla metà degli anni Novanta fino <strong>ai</strong> primi anni Duemila si è registrata una contrazione nella quota di ore lavorate nelle professioni non solo a media ma anche a bassa qualifica, inducendo a parlare più che di polarizzazione delle opportunità lavorative di un upgrading dell’occupazione nella parte medio-alta <strong>della</strong> distribuzione 10 . Grafico 1 CAMBIAMENTO DELL’OCCUPAZIONE TOSCANA PER LIVELLO DI QUALIFICAZIONE DELLE PROFESSIONI. 1993-2003 Nota: Cambiamento nella quota di ore lavorate, tra il 1993 e il 2003 per ogni professione 2 digit. Le professioni sono state ordinate in ordine crescente sulla base <strong>della</strong> qualifica media, calcolata come media del numero di anni di scolarizzazione (anni di studio necessari per conseguire il titolo più elevato tra quelli conseguiti dall’individuo) dei lavoratori occupati in quella professione nel 1993. Fonte: elaborazioni IRPET su dati ISTAT, Forze di <strong>La</strong>voro Tuttavia, alcuni studi (Ricci, 2011; Olivieri, 2012) confermano che i giovani hanno scarsamente beneficiato dell’aumento dell’occupazione nelle posizioni più qualificate, che è stato integralmente alimentato dagli over 35, premiati dalla diffusa tendenza a una gestione delle risorse umane che nel nostro Paese tende a riconoscere maggiormente l’esperienza lavorativa e le qualifiche professionali informali rispetto all’istruzione e alle qualifiche formali. Ciò è stato possibile anche perché negli ultimi vent’anni in Italia i cambiamenti del tessuto economico sono stati meno intensi che altrove, sia in termini di organizzazione aziendale che di evoluzione delle specializzazioni settoriali e produttive, e la domanda di lavoro ha continuato a richiedere figure professionali perlopiù “tradizionali”, per le quali i requisiti d’accesso e l’avanzamento professionale non sono necessariamente definiti d<strong>ai</strong> livelli d’istruzione, ma piuttosto da una certa dose di effettiva esperienza lavorativa. Di conseguenza, è mancato un vero e proprio skill divide, capace di avvantaggiare i più istruiti in termini sia di opportunità d’impiego che di retribuzioni rispetto <strong>ai</strong> meno scolarizzati. In questo contesto, l’aumento <strong>della</strong> scolarità media ha causato piuttosto un’inflazione dei titoli di studio secondari e terziari, determinando un generalizzato effetto spiazzamento dei più istruiti rispetto <strong>ai</strong> meno scolarizzati. Sono state quindi disattese gran parte delle aspettative occupazionali dei diplomati, trovatisi a competere con i non diplomati per le posizioni medio-basse del sistema 10 Il livello delle professioni è definito dalla media degli anni di istruzione di coloro che le svolgono. Alta qualificazione è in questo caso ritenuta coincidente con alta scolarizzazione. 20
occupazionale (nel 2010 il 57,5% dei giovani diplomati toscani svolgeva una professione qualitativamente inferiore a quella impiegatizia, contro il 48% del 2005), e dei laureati, che spesso si adattano a competere con i diplomati. Ne deriva che anche coloro che hanno l’opportunità di lavorare non hanno la possibilità di far fruttare il proprio investimento in istruzione, adattandosi a svolgere professioni per le quali risultano overeducated e non adeguatamente remunerati. 21