La condizione giovanile ai tempi della crisi - Irpet
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4.<br />
ISTITUZIONI E POLITICHE DEL LAVORO<br />
4.1<br />
Un’analisi comparata a livello europeo<br />
Con l’aggravarsi delle conseguenze occupazionali <strong>della</strong> congiuntura economica, in<br />
ambito internazionale la riflessione si è concentrata sulla necessità di perseguire<br />
uno sviluppo occupazionale e sociale basato sull’integrazione tra politiche e attori<br />
istituzionali diversi. In Italia, le Regioni e le Province si sono trovate in prima linea<br />
nell’intento di realizzare una serie di interventi di politica attiva mirati sempre più<br />
su specifici target di popolazione, con particolare riferimento <strong>ai</strong> giovani, che, insieme<br />
alle donne, rappresentano il segmento con maggiori difficoltà di inserimento<br />
lavorativo. <strong>La</strong> riforma del sistema del collocamento, del sistema <strong>della</strong> formazione e<br />
dell’istruzione, l’introduzione di nuove forme di lavoro flessibili, gli incentivi<br />
all’imprenditorialità, sono state misure appositamente pensate per accrescere<br />
l’occupabilità di queste categorie, renderle più appetibili per il mondo del lavoro e<br />
più adatte ad un mercato in rapida evoluzione.<br />
Nell’impostare questi strumenti diviene fondamentale conoscere e condividere<br />
le esperienze a livello europeo, anche attraverso indagini comparative sulle politiche<br />
specificatamente rivolte <strong>ai</strong> giovani, sui servizi per l’impiego e sull’efficacia<br />
degli altri strumenti di promozione dell’occupazione. <strong>La</strong> ricognizione delle best<br />
practices si è dunque concentrata su quattro casi-Paese rappresentativi dei principali<br />
modelli occupazionali europei (il Regno Unito, la Danimarca, la Germania e la<br />
Spagna), approfondendo sia gli aspetti di tipo organizzativo, quindi il sistema degli<br />
stakeholders e dei Centri per l’impiego (Cpi), che le misure operative pensate per i<br />
giovani, sia sul versante delle politiche passive che di quelle attive.<br />
4.1.1 Il contesto di riferimento<br />
I Paesi presi ad oggetto <strong>della</strong> comparazione compongono un gruppo piuttosto omogeneo<br />
dal punto di vista macroeconomico: essi costituiscono il nucleo dell’Unione<br />
Europea e al tempo stesso rappresentano le diversità di cui la stessa Unione è portatrice.<br />
Focalizzando l’attenzione sulle dinamiche del lavoro, si possono infatti distinguere<br />
almeno tre modelli occupazionali:<br />
1. il modello anglosassone (Regno Unito): elevata flessibilità, investimento complessivamente<br />
contenuto in politiche del lavoro e prestazioni sottoposte alla<br />
prova dei mezzi, sanzioni in caso di violazione degli obblighi connessi al godimento<br />
dei benefici pubblici (politiche passive-attive), interazione tra agenzie<br />
pubbliche e private e sistematica attività di valutazione ex-post;<br />
2. il modello continentale (Germania e Danimarca): bilanciamento tra flessibilità e<br />
tutele sociali, anche di tipo passivo, enfasi sulla formazione professionale e<br />
sull’apprendistato, crescente attenzione <strong>ai</strong> sistemi sanzionatori, sviluppo delle<br />
connessioni tra servizi pubblici e privati (comunque minoritari in Danimarca);<br />
3. il modello mediterraneo (Spagna e Italia): mercati del lavoro duali e sistemi di<br />
protezione sociale categoriali, assenza di supporti al reddito di tipo universalistico<br />
(reddito minimo), concentrazione delle risorse sul lato delle politiche passive<br />
e deboli legami tra interventi di tipo attivo e passivo, separazione tra intervento<br />
pubblico e privato, debole tradizione di valutazione d’impatto degli interventi<br />
messi in campo.<br />
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