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La condizione giovanile ai tempi della crisi - Irpet

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4.1.4 L’Italia e le politiche dal lavoro: cosa si può imparare dal confronto europeo<br />

Negli ultimi decenni riforme di diverso tipo, spesso rispondenti a disposizioni europee,<br />

hanno contribuito ad avvicinare, almeno sulla carta, la regolamentazione del<br />

nostro mercato del lavoro a quella dei principali Paesi europei, tanto che oggi il nostro<br />

sistema presenta alcune analogie sia con i modelli propri dei Paesi dell’Europa<br />

continentale (gestione decentralizzata, politiche attive perlopiù orientate alla formazione<br />

e <strong>ai</strong> sussidi all’occupazione), che con la Spagna (approccio poco strutturato<br />

all’utenza, frammentazione degli interventi di politica attiva, mancanza di un reddito<br />

minimo a carattere universalistico). Tuttavia, la sensazione è che il sistema italiano di<br />

gestione delle politiche del lavoro presenti delle criticità di fondo che ne minano<br />

l’efficacia di implementazione e che difficilmente possono essere colmate con<br />

interventi al margine.<br />

In estrema sintesi, gli aspetti che differenziano il nostro modello di gestione<br />

delle politiche del lavoro da quello dei Paesi europei più virtuosi sono i seguenti.<br />

• Concentrazione delle risorse per le politiche del lavoro sul lato degli interventi<br />

passivi, secondo una logica più conservativa (orientata alla protezione del posto<br />

di lavoro, o comunque del reddito) che proattiva (puntando alla valorizzazione<br />

dell’occupabilità dei soggetti).<br />

• Una governance delle politiche del lavoro fortemente decentralizzata, che crea<br />

una frammentazione delle responsabilità nella gestione degli interventi, con<br />

conseguente disomogeneità territoriale in termini di modalità operative.<br />

• Una gestione disgiunta di politiche attive e passive (le prime radicalmente<br />

decentrate a livello regionale e provinciale, sotto il profilo tanto funzionale<br />

quanto finanziario, le seconde ancora perlopiù centralizzate, interventi in deroga<br />

esclusi), che penalizza le funzioni di monitoraggio e di controllo sui beneficiari,<br />

nonché un approccio integrato <strong>ai</strong> due tipi di interventi.<br />

• <strong>La</strong> frammentazione e la scarsa incisività degli interventi di politica attiva, caratterizzati<br />

da un approccio all’utenza poco sistematico e scarsamente orientato alla<br />

creazione di un percorso individualizzato sulla base delle esigenze personali.<br />

• <strong>La</strong> frammentazione degli interventi di tipo passivo, a vocazione categoriale, con<br />

esclusione di un gran numero di soggetti da forme di sostegno al reddito in caso<br />

di disoccupazione; mancanza di un sussidio del universalistico del tipo reddito<br />

minimo.<br />

• Una scarsa applicazione del patto di servizio, legata perlopiù alle difficoltà di<br />

rendere effettivamente complementari i servizi per il lavoro e gli strumenti di<br />

protezione sociale, caratteristica distintiva dei modelli improntati al concetto di<br />

welfare to work.<br />

• Una debole tradizione di valutazione d’impatto degli interventi di politica del<br />

lavoro, che rende difficile valutare l’operato dei diversi sistemi decentrati per<br />

allocare in modo più efficiente ed efficace le risorse.<br />

In sostanza, ciò che penalizza il nostro sistema sembra essere più che altro la<br />

scarsa capacità di rendere efficace un modello di gestione delle politiche del lavoro<br />

sulla carta non troppo dissimile a quello dei Paesi europei ritenuti più virtuosi in<br />

termini di welfare del lavoro. Più che pensare ad una nuova riforma delle politiche<br />

del lavoro, quindi, sarebbe innanzitutto opportuno potenziare gli strumenti esistenti,<br />

rendendo più stringente l’applicazione del patto di servizio e garantendo<br />

maggiori risorse <strong>ai</strong> centri per l’impiego affinché possano rappresentare effettivamente<br />

i mezzi attraverso i quali si sostanzia il welfare to work. Un efficiente gestione<br />

dei servizi per l’impiego, infine, non può prescindere dal potenziamento<br />

<strong>della</strong> valutazione d’impatto delle politiche, al fine di favorire un’allocazione delle<br />

risorse più virtuosa. Un intervento di tipo più strutturale potrebbe invece riguardare<br />

l’introduzione di un sussidio del tipo reddito minimo, che tuttavia presupporrebbe<br />

un riordino degli attuali interventi di politica passiva, in un’ottica meno categoriale<br />

e più universalistica.<br />

Il sistema italiano di<br />

gestione delle<br />

politiche del lavoro<br />

presenta delle<br />

criticità di fondo<br />

È necessario<br />

potenziare gli<br />

strumenti esistenti<br />

ponendo le basi per<br />

un sistema di welfare<br />

to work<br />

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