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La condizione giovanile ai tempi della crisi - Irpet

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30% <strong>della</strong> domanda di laureati da parte delle imprese, ma che riguarda solo il 13%<br />

di coloro che hanno conseguito un titolo terziario nell’a.a. 2009-2010. Un certo<br />

squilibro si osserva anche per i laureati in ingegneria industriale e elettronica/<br />

dell’informazione che insieme rappresentano il 25% <strong>della</strong> domanda di laureati da<br />

parte delle imprese toscane e, al tempo stesso, meno nel 9% dei neolaureati.<br />

Nonostante i dati presentati forniscano un quadro interessante del disallineamento<br />

tra domanda e offerta di laureati, è importante sottolineare come essi non<br />

possano cogliere l’effettiva entità del mismatch, in quanto limitati a descriverne<br />

esclusivamente la componente quantitativa. In molti casi, infatti, il mismatch è di<br />

tipo qualitativo, in quanto la preparazione dei diplomati/laureati in uscita dal<br />

sistema scolastico/universitario non è considerata adeguata <strong>ai</strong> fabbisogni e alle reali<br />

esigenze manifestate dal mondo produttivo, tanto che molto spesso le imprese<br />

richiedono diplomati e laureati con precedenti esperienze di lavoro. L’impressione<br />

è quindi che il problema risieda non solo nella quantità di specifici laureati che il<br />

sistema universitario riesce a produrre, ma nella qualità <strong>della</strong> loro formazione,<br />

frequentemente troppo distante da ciò che le imprese richiedono effettivamente sul<br />

luogo di lavoro.<br />

Il mismatch spesso<br />

non è solo di tipo<br />

quantitativo<br />

3.3<br />

Di chi sono le responsabilità<br />

Nell’ultimo decennio il sistema formativo è stato oggetto di numerosi tentativi di<br />

riforma, al tempo stesso contraddittori e incompiuti, che insieme alla progressiva<br />

diminuzione delle risorse investite, hanno contribuito alla confusione e allo stallo<br />

del sistema. All’inefficacia delle policy ha fatto da pendant la troppo lenta crescita<br />

del sistema produttivo nazionale e regionale e una spiccata tendenza al downgrading<br />

qualitativo nell’utilizzo del fattore lavoro, che ha determinato una crescente<br />

difficoltà del sistema a richiedere ed assorbire i lavoratori più istruiti e<br />

qualificati. A ciò si aggiunge la mancanza di un “mercato”, regolato e organizzato,<br />

in cui la domanda di lavoro qualificato possa essere efficientemente messa in contatto<br />

con l’offerta. Il lavoro trova quindi nelle reti parentali-amicali il principale<br />

canale di intermediazione fra domanda e offerta, rendendo così ancora più difficile<br />

e incerta la transizione verso l’occupazione, soprattutto per i giovani che non dispongono<br />

di adeguati network sociali.<br />

3.3.1 I fattori di domanda: l’incapacità del nostro modello produttivo di<br />

sfruttare le nuove risorse umane<br />

<strong>La</strong> questione del mismatch è indubbiamente legata in larga parte ad alcuni aspetti<br />

strutturali del nostro sistema produttivo, basato sulla piccola impresa a conduzione<br />

familiare, sulla specializzazione produttiva del settore manifatturiero in settori tradizionali<br />

a tecnologia matura e su una scarsa propensione all’innovazione.<br />

Come si è avuto modo di vedere nell’Approfondimento 1.1, tali caratteristiche<br />

nel nostro Paese hanno rivelato un’elevata persistenza. Infatti, mentre in altri contesti<br />

il tessuto economico ha subito negli ultimi venti consistenti mutamenti in termini<br />

sia di organizzazione aziendale che di evoluzione delle specializzazioni<br />

settoriali e produttive, in Italia la struttura economica ha registrato scarsi cambiamenti,<br />

con la conseguenza che la domanda di lavoro ha continuato a richiedere figure<br />

professionali perlopiù “tradizionali”, quasi indifferente alla crescita di capitale<br />

umano offerto dall’aumento <strong>della</strong> scolarizzazione. Le imprese operanti in tale<br />

sistema si mostrano quindi tutt’oggi incapaci di sfruttare il grande potenziale<br />

rappresentato d<strong>ai</strong> giovani qualificati in uscita da scuole e università, che, se adeguatamente<br />

valorizzati, potrebbero rappresentare la leva di rinnovamento e crescita<br />

di molte aziende “tradizionali”.<br />

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