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La condizione giovanile ai tempi della crisi - Irpet

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superiore, attraverso meccanismi di investimento congiunti, al trasferimento tecnologico,<br />

al fine di creare una classe di persone che possa essere occupata nelle<br />

imprese, che lavori in spin off o in laboratori pubblici e privati. <strong>La</strong> seconda riguarda<br />

il progetto relativo alla costituzione dei poli-distretti oggi ancora non pienamente<br />

implementato e con problemi evidenti di allocazione delle risorse.<br />

Appare infine fondamentale migliorare gli strumenti di indirizzo delle scelte<br />

formative dei giovani durante il percorso di istruzione, oggi per lo più orientate dal<br />

background socio-culturale <strong>della</strong> famiglia di origine e solo marginalmente dagli<br />

insegnanti. Occorre costruire un sistema di orientamento che restituisca un ruolo<br />

centrale all’istituzione scolastica, che sia fondato sulle attitudini e le qualità degli<br />

individui e che valorizzi una nuova cultura del lavoro, che restituisca pari dignità a<br />

tutte le professioni. Ciò, se affiancato ad una seria riqualificazione dell’istruzione<br />

tecnica e professionale <strong>ai</strong>uterebbe a riscattarla dal ruolo improprio di canale destinato<br />

<strong>ai</strong> drop out dell’istruzione di serie A (i licei) e contribuirebbe a migliorare i<br />

percorsi di transizione dei giovani dalla scuola al lavoro.<br />

5.2<br />

L’accesso al mondo del lavoro<br />

Se le istituzioni del segmento educativo non sono in grado di accompagnare i ragazzi<br />

verso il mondo del lavoro, i giovani e le loro famiglie rischiano di trovarsi<br />

soli nell’affrontare questo passaggio ricco di ostacoli, in continua evoluzione e<br />

troppo spesso portatore di iniquità. Fuori dal mondo <strong>della</strong> scuola, le istituzioni<br />

chiamate in causa per facilitare il collocamento dei giovani nel mondo del lavoro<br />

sono quelle preposte all’incontro tra domanda e offerta, dunque essenzialmente le<br />

politiche attive, mentre le politiche passive hanno l’importante ruolo di proteggere i<br />

giovani d<strong>ai</strong> rischi generati da un mercato sempre più deregolamentato. Al centro i<br />

servizi per l’impiego, che costituiscono l’interfaccia territoriale con cui il lavoratore<br />

si relaziona e il soggetto delegato a realizzare l’interazione tra le politiche attive<br />

e passive. <strong>La</strong> centralità dei servizi di collocamento nelle politiche del lavoro,<br />

specie a livello decentrato, è un fatto condiviso con il resto d’Europa. Attorno a<br />

quattro paesi europei ruota infatti l’analisi comparativa sui modelli di organizzazione<br />

delle politiche per il lavoro, alla ricerca degli elementi di forza e di debolezza<br />

<strong>della</strong> nostra struttura di intervento a sostegno dei giovani.<br />

Dal confronto con l’Europa emergono almeno cinque punti su cui agire per<br />

colmare il gap di efficacia del nostro modello organizzativo.<br />

Il primo riguarda l’attuale ripartizione delle risorse tra politiche passive e attive,<br />

che attribuisce un maggior peso alle prime e penalizza un approccio più pro-attivo,<br />

finalizzato cioè alla valorizzazione dell’occupabilità dei giovani più che alla protezione<br />

del reddito dei lavoratori standard. Ispirandosi ad alcuni partner europei, le<br />

politiche attive potrebbero adottare un approccio all’utenza più sistematico e maggiormente<br />

orientato alla creazione di percorsi individualizzati. Sul fronte delle politiche<br />

di tipo passivo, appare necessario superare l’attuale impronta categoriale,<br />

che oggi comporta l’esclusione di un gran numero di soggetti, soprattutto giovani,<br />

dalle tutele ordinarie, anche a causa dell’assenza di un sussidio universalistico del<br />

tipo reddito minimo.<br />

Il secondo aspetto su cui sarebbe necessario investire riguarda il collegamento<br />

fra politiche attive e passive, in modo da favorire le funzioni di programmazione,<br />

monitoraggio e controllo sui beneficiari, rafforzando e rendendo più efficaci il<br />

patto di servizio e i meccanismi sanzionatori ad esso collegati.<br />

<strong>La</strong> fragilità del collegamento tra interventi attivi e passivi chiama in causa il<br />

modello di governance, che risulta fortemente decentralizzato, con conseguente<br />

frammentazione delle responsabilità e disomogeneità territoriale in termini di modalità<br />

operative, ma non abbastanza incentrato sui centri per l’impiego, che sulla<br />

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