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ULISSE 7-8 - LietoColle

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TRE PARAGRAFI SU SCRITTURE RECENTI<br />

1. INSTALLAZIONE vs PERFORMACE<br />

Uno schema per organizzare molti dei testi proposti oggi può essere preso dalle arti figurative,<br />

costruendo un’opposizione tra installazione e performance, questo soprattutto tenendo in considerazione<br />

due dei vari elementi che girano intorno al fare letterario: il soggetto (autore o lettore) ed il testo.<br />

In questo senso, l’installazione è quell’oggetto che può darsi (ed emettere senso) indifferentemente dalla<br />

presenza del suo ideatore. Cioè il testo viene "progettato per" e "collocato in" uno spazio segnato<br />

dall’assenza di una motivazione umana, per così dire.<br />

La performance, invece, in nessun caso può prescindere dal "performante". Si noti: nemmeno quando sia<br />

un attore a sostituire il poeta. Al centro sta comunque il corpo-testo (dunque daccapo l’autore) che si<br />

riversa in un corpo-voce solo parzialmente "altro".<br />

Questo, guardando l’evento artistico o testuale tenendo presente l’autore. Un discorso analogo può<br />

essere fatto, però, guardando al pubblico.<br />

L’installazione è quel loop oggettuale che può meccanicamente darsi e girare ed esistere anche durante<br />

periodi virtualmente infiniti di assenza di sguardi. Al contrario, la performance può sì aver luogo anche a<br />

sala vuota, ma in questo caso la si considera fallita. È un evento che chiede testimoni.<br />

A questo aspetto, sempre sul versante della fruizione, se ne collega un altro. Al pubblico dell’installazione<br />

viene richiesta una fruizione, un’esperienza (distaccata, come lettura/esplorazione della sua articolazione;<br />

o partecipe - ma nei termini decisi da chi esperisce, non da chi si esprime). Per la performance ci si trova,<br />

al contrario, di fronte a uno spettacolo, dunque certo ad una richiesta esplicita di reazione, quale che sia,<br />

ma soprattutto ad un automatico coinvolgimento nello spazio dell’opera.<br />

2. AUTORE E REALISMO<br />

L’opposizione di cui sopra può essere letta in filigrana anche partendo da un’altra coppia di elementi<br />

presenti nelle dinamiche della letteratura: il testo ed il mondo.<br />

In questo senso, si può notare che, a fronte del disfarsi del mondo nelle centomila versioni che<br />

quotidianamente ci vengono fornite, le scritture che si pongono il problema di fornire strumenti per<br />

l’esperienza contemporanea hanno deciso di lasciare il discorso "sul" mondo a favore del discorso "nel"<br />

mondo.<br />

Questo, nella pratica della scrittura, sembra avvenire in due modi.<br />

Da una parte, viene rifondata la funzione del narratore, collegandone lo statuto all’autore reale in quanto<br />

sua espressione: si attribuisce all’esistenza storica di chi scrive la forza carismatica di coordinare le forze<br />

centrifughe che disfano qualunque discorso sul mondo. Nella maggior parte dei casi, questa soluzione<br />

appare isterica, perché così facendo, anziché collocare il discorso nel mondo attraverso la persona<br />

dell’autore, in verità lo si rimette nel suo limbo ideologico-metafisico mitizzando l’autore stesso.<br />

Questa istanza, in diverse declinazioni, è forse reperibile già nell’ultimo Pasolini, per fare un esempio, o in<br />

Arbasino, ma se risaliamo agli ultimi anni, soprattutto in narrativa, è all’ordine del giorno: il narratore è<br />

un narratore onnisciente non perché sa tutto della vicenda, ma proprio perché è l’autore a sapere tutto<br />

del mondo (o almeno così dà ad intendere con varie strategie retoriche).<br />

Dall’altra parte, si pensa che la rappresentazione dell’incoerente è pur sempre coerente e come tale, per<br />

come va il mondo, non si situa nel mondo ma nel metafisico e, di conseguenza, si procede alla<br />

decostruzione del narratore, alla sua destabilizzazione. In qualche modo, allora, ci si appella<br />

all’esposizione della sintassi, dell’ordine realizzato come metonimia dell’ordine supposto o prova<br />

dell’azione di ordine sul mondo che chi scrive si incarica di dare. Si colloca nel mondo il discorso nel senso<br />

che lo si lascia nella fattispecie delle sue singole soluzioni. Questo tipo di lavoro lo si può vedere, nelle<br />

varie espressioni possibili, nel Balestrini della Signorina Richmond o nell’ultimo Calvino o nei tanti francesi<br />

e statunitensi che vengono scoperti in questo periodo: Rodrigo, Tarkos, Mohammad, Cadiot, Markson,<br />

Alferi, etc…<br />

3. ANTIRAPPRESENTATIVITÀ<br />

Un’ultima nota per sottolineare come caratteristica comune, che si ritrova su entrambi i lati di entrambe<br />

le polarità individuate, l’elusione o il rifiuto o il superamento della rappresentazione. Insomma<br />

l’antirappresentatività delle scritture in corso.<br />

[testo apparso anche su GAMMM, http://gammm.blogsome.com]<br />

Gherardo Bortolotti e Marco Giovenale<br />

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