ULISSE 7-8 - LietoColle
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VII. Differenti tipi di donne<br />
Le donne che trovano tutto ammirevole, favoloso, inaudito sono insopportabili.<br />
Le donne che trovano tutto da poco, mediocre, stupido, di nessun valore, privo di gusto sono<br />
insopportabili.<br />
VIII. Cose da fare<br />
IX. Q. Alcimius<br />
Al colosso di Domiziano a cavallo.<br />
L’ampio mantello agganciato sotto il collo.<br />
Il lotto di lecci.<br />
Peschi innestati su albicocchi.<br />
Un mulo al prezzo di un giovane schiavo.<br />
Un tempo Quintus mi amava. Eravamo giovani. D. Avitius respirava ancora. Veniva furtivamente,<br />
passando dalla porta di servizio; avevamo la notte intera. Ai primi albori fingeva di alzarsi a malincuore,<br />
cercava la tunica, diceva che soffriva a lasciarmi. Non si affrettava ad allacciare i sandali. Veniva a<br />
baciarmi sul viso e giù, sul pube. Mi destavo. Gli dicevo, preoccupata: «Sta per far giorno. Sbrigati.»<br />
Sospirava. Quel sospiro mi sembrava fosse un’eco del fiume che attraversa l’Erebo. Allora si raddrizzava<br />
e rimaneva seduto sul letto. Annodava un laccio. Si chinava di nuovo e mi sussurrava all’orecchio il<br />
proposito di un desiderio, o forse inseguiva qualcosa che mi aveva raccontato durante la notte. Compiva<br />
una breve libagione all’aurora e con l’acqua si puliva la bocca, il sesso, si stropicciava gli occhi. Scivolavo<br />
dietro di lui. Restavamo un istante a guardarci davanti alla porta a due battenti. Mi diceva che non gli<br />
piaceva avere dinanzi tutta una giornata da trascorrere lontano da me. Mormorava che soffriva per<br />
questa separazione. Ripetevamo quattro o cinque volte l’appuntamento che avevamo combinato. Avevo<br />
la mano sul suo braccio. Toccavo le sue labbra con le mie. Varcava la porta e se la svignava di colpo.<br />
Nell’ombra ritornavo a letto. Mi sedevo. Ero riconoscente di aver vissuto la notte che avevo passato.<br />
Invidiavo me stessa, avevo i gomiti sulle cosce, mi sentivo umida, olezzante, arruffata. Ero felice, ma fra<br />
i rumori dei galli e dei secchi versai qualche lacrima. Amavo quella specie di fatica, quella spossatezza,<br />
quegli odori mescolati e quella sorta di sconforto repleto che non sempre si distingue dalla nausea e che è<br />
dovuto all’estremo appagamento.<br />
(Da: “Les tablettes de buis d’Apronenia Avitia”, Paris, Gallimard, 1984. Presentiamo qui la traduzione delle pp. 11-16 e<br />
39-43, che aprono rispettivamente la prima e la seconda parte dll’opera. Il presente testo è stato pubblicato per la<br />
prima volta sulla rivista “Testo a Fronte” di Marcos y Marcos, n. 17/1997, pp. 41-51. La traduzione è di Giuseppe<br />
Macor.)<br />
Notizia.<br />
Nato nel 1948 a Verneuil-sur-Avre, Pascal Quignard è musicologo, studioso di storia antica, soggettista<br />
(per “Una pura formalità” di Giuseppe Tornatore, 1994), nonché uno dei più importanti romanzieri<br />
francesi. Nel 2002 ha vinto il premio Goncourt. In Italia, Frassinelli ha pubblicato i seguenti titoli: “Il<br />
salotto del Wurttemberg” (1988), “Le scale di Chambord” (1990), “Tutte le mattine del mondo” (1992),<br />
“Il nome sulla punta della lingua” (1995), “Sogno di un nuovo mondo” (1996), “La vita segreta” (2001),<br />
“L'incisore di Bruges” (2003).<br />
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