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“PRENDETE QUESTA SITUAZIONE D’ATTESA” (in: “Nioques” n° 1.9/2.0, 2003) “Questa totalità nera di segni è la realtà?” Questo non è un libro comincia il libro come un mazzetto di fiori di garofano viene buttato nel buco. Sentite tutti il rumore della ghiaia, delle pale. Sentite il rumore dei fiori cadere nel nero. *** Lo strumento del solitario è una tavola. La tavola a otto lati è provvista di trentasette buchi. Tre sulla prima fila cinque sulla seconda sette sulla terza, quarta e quinta cinque sulla sesta tre sulla sette e ultima. Nei buchi vengono piazzate trentasette pedine mobili. Vi sono diverse procedure note, il corsaro, per cui si toglie la pedina n°3, il giocatore si muove allora da tredici a tre e segue fino alla fine la stessa procedura un po’ come quando si dice che i marinai vanno di bolina il lettore in mezzo al proprio uditorio, per cui si toglie la pedina centrale n°19 ed è alla posizione di questo numero che la pedina in movimento finisce per arrivare alla fine della partita, dopo aver tolto tutte le pedine, tranne quelle che segnano il contorno dell’apparecchio. Il solitario abita soprattutto alle isole Rodrigo. Ha l’occhio nero e vivace, le ali corte, le piume mescolate di grigio e di bruno, La femmina porta sopra il becco un mantello da vedova, le sue piume si rigonfiano ai lati del petto in due ciuffi bianchi, e quelle sulle cosce si arrotondano sulla punta in forma di conchiglia. *** Il libro comincia con l’evocazione dello zucchero nero. Sale e scende all’interno dell’albero del corpo, annerisce ciascuno dei rami, quelli grandi e sui rami sugli altri rami fino al più piccolo, e così per le foglie e per i polmoni di ciascuna foglia. *** Perché è in quanto unica, incomprensibile, come una specie di follia, che questa esigenza deve entrare nel libro per manifestare in esso la propria legge. Il libro comincia nell’istante di luce di latte. Si confonde con quest’altro istante, quello delle labbra fredde, della mani fredde, del corpo irrigidito, l’istante in cui i mazzetti di fiori di garofano vengono buttati nel buco. *** Voi guardate quello che vedete, ma lo guardate assolutamente. Io ci sono, « in modo durevole nel senso di infestare », per entrare nel suo proprio corpo, per aspettare il cibo, e camminare contro vento. Io ci sono, lo guardo assolutamente. Mi fanno male gli occhi. Le guance incavate e il freddo. Questa è la posizione dell’attesa. Qualche cosa costringe qualcuno. Qui, In modo durevole nel senso di infestare, per vedere. Qualcuno, qui, o che cosa. Con in testa l’immagine di un corpo di legno o di pietra. La polvere incollata nera alla purea della terra. 187
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