ULISSE 7-8 - LietoColle
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con un collaboratore quanto contro di lui. Il problema nasce dal fatto che nell’esagitazione del tradurre<br />
(certo non nella serenità di una happy hour) ci convinciamo ogni volta di sapere la lingua dell’altro non<br />
solo meglio di quanto lui conosca la nostra, ma di quanto lui conosca la sua. Ma non tutte le fratture<br />
vengono per nuocere, e quando uno dei due si arrende alla competence dell’altro (ma sempre con<br />
qualche salutifero dubbio intorno alla performance) allora, nel comporsi della cura (e non della curiositas)<br />
vengono fuori chiaramente i vantaggi. In generale le rese avvengono sul piano del ritmo finale che il<br />
testo acquista nella lingua allofona. Intorno al senso gli accordi si riesce a raggiungerli un po’ più<br />
facilmente. E, anche qui, basti un esempio...<br />
Se Ray DiPalma apre il suo Paving the River con Substantiation only an afterthought e io riconosco nel<br />
primo termine solo una dejezione nominale del verbo to substantiate (e cioè dare sostanza alla propria<br />
tesi, in una parola: dimostrarla) e mi lascio sfuggire il senso che il termine ha in ambito cristologico<br />
(presenza del corpo di Cristo nel pane dell’eucarestia e, dunque, Ipostasi) il discorso va letteralmente a<br />
farsi benedire. Grazie all’intervento di Vangelisti invece il malcapitato “prendere corpo” proposto in prima<br />
battuta, potrà ora rifluire nel suo giusto alveo teologale. Purtroppo, e proprio nella veste di quella prima<br />
battuta, il testo ha già visto la luce in Italia, grazie ai tipi di un editore veramente raffinato che ha avuto<br />
la bella pensata di ringraziarmi nella pagina delle scritte d’obbligo “per l’inestimabile aiuto” da me dato<br />
alla traduzione. Ora tutti sanno (e sapevano) che io il testo non solo non l’avevo rivisto , ma che, per<br />
motivi diversi, mi ero categoricamente rifiutato di discuterlo con Vangelisti.<br />
“Ecco il giudizio uman come spesso erra”, scriveva l’Ariosto, con ottime ragioni. Non solo, connivente il<br />
mio sodale, un tirannello editoriale fa scempio del mio nome e si fa beffe dell’accaduto (non una riga di<br />
scusa)... impegnato come senz’altro sarà in qualche sua caccia alla volpe nello Yorkshire, ma ora che<br />
desidero includere quel testo nel volume dei poeti di New York, mi tocca comunque intervenire<br />
pesantamente con grave imbarazzo mio e del giovane traduttore (cui quell’aiuto era stato promesso e<br />
anzi garantito). Non è tipico ma può capitare... come può capitare che due irlandesi escano<br />
spontaneamente da un bar.<br />
Mi domando quanto di questo importi a Gianni. E a Pinotto? E mi scuso per la buona dose di superciliosa<br />
baldanza con cui mi sono, in pratica, confessato. Anche la confessione può essere vista come una sorta di<br />
traduzione? Non lo escluderei. Ma devo ricordare senza un vero pentimento inginocchiarsi e tradurre non<br />
ha nessun valore redentivo.Anche se questo, chiaramente, nulla toglie all’odore della santità che tale<br />
attività può comunque procurare. Vedi Ser Ciappelletto.<br />
Luigi Ballerini<br />
New York, 30 dicembre 2006<br />
Note.<br />
(1) Ai problemi inerenti alle “Traduzioni italiane di Herman Melville e Gertude Stein” è stato dedicato il secondo<br />
seminario sulla traduzione letteraria dall’inglese, tenutosi a Venezia, presso l’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti,<br />
nel 1997.<br />
(2) Vedi i suoi saggi sul linguaggio umano e sul compito del traduttore. E per quanto riguarda l’incipit melvilliano mi si<br />
permetta di ricordare come nella trappola non sia caduto Ruggero Bianchi che ha tradotto, con giusta enfasi:<br />
“Ishmael... chiamatemi così”. Vedi la sua edizione di Moby Dick, Milano, Mursia, 1993, p. 19.<br />
(3) “Four in America” (1947).<br />
(4) Gli proporrò presto di farmi ritoccare le traduzioni delle poesie di LeRoi Jones (oggi Amiri Baraka) fatte da Giovanni<br />
Raboni e Riccardo Mainardi e pubblicate nel 1968.<br />
(5) Vedi Nuova Poesia Americana: San Francisco, Milano, Mondadori 2006, pp. 362-63.<br />
(6) Ibid. pp. 152-53<br />
(7) Ma ricordo con estremo piacere le molte ore passate con Elio Pagliarani (negli anni 1965-66) sulle pagine di The<br />
Distances di Charles Olson.<br />
(8) “Avvertimenti utili (si spera) per una prima ricognizione nella foresta di Arden” in La sacra Emilia e altre poesie,<br />
Venezia, Marsilio, 1998, p. 9.<br />
(9) Vedi Nuova poesia americana: San Francisco, Milano, Oscar Mondadori, 2006, p. 449 et sgg.<br />
(10) Vedi Nuova poesia americana: Los Angeles, Id., 2005, p. 73 et sgg.<br />
(11) Le frasi tra virgolette appartengono al Venus & Adonis di Shakespeare. Con un leggerissimo ritocco riporto qui<br />
quanto ho scritto e tradotto alle pagine 52-53.<br />
(12) Bergamo, Lubrina, 1991.<br />
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