27.05.2013 Views

ULISSE 7-8 - LietoColle

ULISSE 7-8 - LietoColle

ULISSE 7-8 - LietoColle

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

fondamenta, rigoglioso, mugghiando, ai lati, con bagliori, colpi d’ala, o sotto, in scivolamenti, frane<br />

soffocate, e davanti, con sfida, è così, il piano di ripiegamento, dolcemente, e nient’altro da dire,<br />

pochissimo forse, un dire ultimo, prima del ritiro completo, già molto ritraendosi, andando all’indietro,<br />

verso la sedia o il divano, o nelle braccia di lei, se si andasse, retrocedendo, soprattutto nelle braccia, a<br />

cercare le labbra, e poi bloccati, tra braccia e labbra, con la lingua che ancora si muove dentro l’altra<br />

bocca, ma non c’è uscita, non c’è affatto possibilità di uscire, ora che, dentro, fermi, nelle nostre carni,<br />

rimaste, dopo il ritiro.<br />

13. (15/11/06; 18.19)<br />

Non ci penso per ora alla fine del mondo, non ne parlerò adesso, non subito, che comunque avverrà, anzi<br />

avviene, ma remotissima, con schianti violenti su certi fondali, o il millimetro, quel millimetro di più o di<br />

meno, d’acqua, o ghiaccio, o anidride, o qualsiasi cosa, che cambia tutto, azzera infallibilmente superfici<br />

boscose, polverizza centinaia di sistemi nervosi, annienta occhi, ali, larve, o come il godimento della luce,<br />

se venisse meno il godimento della luce, di quando entra di traverso, a ondate ininterrotte, la mattina,<br />

anche dalla finestra quadrata e piccola del bagno, posta in alto, impossibile ad aprirsi, sempre azzurra,<br />

senza tetti o antenne, la fine del mondo, se mancasse quella distensione dei muscoli, quel perdere di<br />

massa delle parole, tutto pacatamente nello sguardo, come animali forse, quando la luce, o il cielo di<br />

mattina, se poi la fine, la fine che non risparmia, quella equanime, incessante, di tutti i crolli e gli<br />

sprofondi, ma non ci penso, forzatamente, facilmente non ci penso, anche se è già qui, lambisce la punta<br />

delle scarpe, la si vede persino girando l’angolo, là, oltre i binari morti, nel capannone fatiscente, la fine,<br />

tra i rimorchi, qualcosa, che non indietreggia, anzi viene, soprattutto di sera, sotto il raggio dei neon,<br />

qualcosa si avverte, presagi pittorici, ma non ora, devo pensare a te, a come sei, che a forza di vederti<br />

ieri e oggi mi confondo, non ricordo le cose che dici, non tutte, quelle più di fretta, di lato, quasi a bassa<br />

voce, quando entri in cucina, devo ricordarle, ripeterle, con chiarezza, prima della fine del mondo,<br />

adesso.<br />

15. (19/11/06; 2.07)<br />

Dobbiamo pensarci, non dobbiamo sottovalutare, anche redigere, portare di lato e avanti argomenti, non<br />

troppi, non troppo sottili, è anche urgente farlo, in tanti, col dovuto consenso, ma unanimi, utilizzando<br />

brutti ricordi, sensazioni sgradevoli, e in conclusione, così appare, nell’evidenza, nell’abbagliante<br />

evidenza, non differibile, anche questa guerra, questa nuova guerra, assolutamente da fare, ma<br />

pensiamola, stavolta con la massima riflessione, da più parti, anche trovandoci sui pianerottoli, come<br />

muovere guerra, ma precisi, a filo, senza sbavature, chiazze, residui inquinanti, una guerra che tagli, che<br />

tolga fiato al nemico, lo isoli, che sappia trovare un nemico assiduo, e premerlo, e punire, anche questo, i<br />

nemici, poi, hanno oscuro destino, ma molto sotto, al di sotto del visibile, nel non documentato, è per<br />

necessità, mai improvvisata, o approssimativa, i dettagli, ne bastano pochi, il nemico, ne basta uno, poi<br />

si chiarirà meglio, ma conta l’anticipo, la velocità dell’impatto, anche stavolta, sempre anticipare, con<br />

guerre, migliorare, allargare.<br />

16. (26/11/06; 12.30)<br />

Limitatamente alle concezioni dominanti, alla mia concezione se fosse dominante, al dominio che ho sulle<br />

mie concezioni, alla cognizione che ho del mio dominio, limitato, e limitatamente a questo, o alle<br />

questioni oscure, come il potere e i suoi pori, o le operazioni del potere, o il transito, di tutti, in un punto<br />

del potere, il punto senza dimensione del potere, e il dominio che il potere esercita sulla concezione, e il<br />

concepimento per gradi, scale, velocità scostanti, che il potere ha dei concepiti, limitatamente a questo,<br />

allo sfuggire di questo, all’ipotesi o al sogno di questo, all’indizio magro o macabro, limitatamente all’odio<br />

concesso e distribuito, al motivo annesso all’odio, all’esercizio dell’odiare nei limiti dell’odiabile, mi chiedo<br />

per quale spazio, idea, faglia, si limiterà a passare, in senso inverso, o del tutto altrove, o diffuso,<br />

l’amore, quell’amore non concepito, inordinato, che non domina, non tiene, non ha netta concezione, e<br />

scorre, nei limiti, e li annulla.<br />

(da “Le circostanze della frase”, inedito)<br />

Notizia.<br />

Andrea Inglese è nato a Torino nel 1967. Vive e lavora a Parigi. Insegna attualmente letteratura e lingua<br />

italiana presso l’Università di Paris III. Ha pubblicato un saggio di teoria del romanzo dal titolo L’eroe<br />

segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo per le edizioni del Dipartimento di<br />

Linguistica e Letterature comparate di Cassino (2003). Assieme a Chiara Montini ha curato il numero<br />

monografico della rivista “Testo a fronte” dedicato a Samuel Beckett (n° 35).<br />

135

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!