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ULISSE 7-8 - LietoColle

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6. Impoverimento quantitativo. Dispersione lessicale, opera un impoverimento dei significanti nel testo d’arrivo e<br />

riguarda il numero lessicale; in molte traduzioni, ad esempio, i sinonimi vengono unificati.<br />

7. Omogeneizzazione. «Essa consiste nell’unificare su tutti i piani il tessuto dell’originale, allorché questo è<br />

originariamente eterogeneo». Berman ammette che questa tendenza raggruppa la maggior parte delle precedenti.<br />

8. Distruzione dei ritmi. Modifica i ritmi del testo prosastico e poetico.<br />

9. Distruzione dei reticoli significanti soggiacenti. Il sottotesto costituisce parte della significatività e della ritmica<br />

dell’opera; anch’esso però intrattiene delle relazioni con le sottoparti. Le relazioni soggiacenti di un’opera, in<br />

traduzione, vengono spesso sottaciute.<br />

10. Distruzione dei sistematismi. Vi è compreso il concetto di sistema in senso moderno visto il fatto che quello si<br />

estende non solo al livello dei significanti ma concerne l’impiego dei verbi o delle subordinate. La «scrittura-dellatraduzione»,<br />

operando una chiara tendenza omogeneizzante nello stesso tempo appare incoerente, mostrando la asistematicità<br />

della scrittura di arrivo. Ne consegue che una scrittura traducente desistematizza la scrittura tradotta.<br />

11. Distruzione o esotizzazione dei reticoli linguistici vernacolari. É una delle tendenze più importanti in quanto<br />

concerne un ambito che, nelle letterature europee è molto utilizzato; l’elemento vernacolare è uno degli indici di oralità<br />

e di concretezza, di testualità del testo tradotto. La soppressione dei reticoli vernacolari è attuata in vari modi ma in<br />

particolare attraverso soppressione di diminutivi, sostituzione di verbi attivi con verbi uniti a sostantivi, trasposizione di<br />

significanti vernacolari. La tentazione di conservare l’elemento vernacolare del testo dà luogo all’esotizzazione: o<br />

isolando ed esagerando l’elemento vernacolare oppure utilizzando un vernacolare locale per sostituire lo straniero:<br />

«Solo le koinè, le lingue “coltivate”, possono tradursi l’un l’altra. Una simile esotizzazione, che rende lo straniero di<br />

fuori con quello di dentro, finisce solo per ridicolizzare l’originale.»<br />

12. Distruzione delle locuzioni. Le locuzioni, come i proverbi, sono il banco di prova della traduzione letterale. La<br />

tendenza alla distruzione delle locuzioni per mezzo dell’equivalente in lingua finale, distrugge la lettera – la parlanza –<br />

dell’opera a vantaggio del senso, ma propone una traduzione etnocentrica.<br />

13. Cancellazione delle sovrapposizioni di lingue. Elimina l’eteroglossia e l’eterofonia scaturente da sovrapposte koinè,<br />

conscie o inconscie, dell’opera.<br />

(34) Ivi, p.60.<br />

(35) Benjamin Walter, Il compito del traduttore, op. cit.<br />

(36) Lévinas Emmanuel, Totalità e Infinito, Jaka Book, Milano, 1980.<br />

(37) «Aprire è più che comunicare: è rivelare, manifestare. Si è detto che la traduzione è la “comunicazione di una<br />

comunicazione”. Ma è ancor più. Essa è, nell’ambito delle opere (che qui ci riguarda), la manifestazione di una<br />

manifestazione. Perché? Perché la sola definizione possibile di un’opera non può avvenire che in termini di<br />

manifestazione. In un’opera è il “mondo” che, ogni volta in maniera diversa, è manifestato nella sua totalità. […] La<br />

manifestazione che l’opera è, verte sempre su una totalità. Essa è inoltre manifestazione di un originale, di un testo<br />

che è primo non solo in rapporto ai suoi derivati tranlinguistici, ma primo nel proprio spazio di lingua. […] L’obiettivo<br />

etico, poetico e filosofico della traduzione consiste nel manifestare nella sua lingua questa pura novità preservandone il<br />

volto di novità. E anche, come diceva Goethe, nel dargli una nuova novità allorché il suo effetto di novità si è esaurito<br />

nella originaria area linguistica.» Ivi, pp.62-63<br />

(38) Ivi, p. 64.<br />

(39) Hölderlin, o la traduzione come manifestazione, pp.65-80; Chateaubriand traduttore di Milton, pp.81-95; L’Eneide<br />

di Klossowski, pp.97-119.<br />

(40) Berman Antoine, La prova dell’estraneo, op. cit.<br />

(41) Giometti Gino, Martin Heidegger. Filosofia della traduzione, Quodlibet, Macerata, 1995, p.52.<br />

(42) Ivi, p.101.<br />

(43) Ivi, p.117.<br />

(44) Berman Antoine, La prova dell’estraneo, op. cit. p. 271.<br />

(45) Ricoeur Paul, La traduzione. Una sfida etica, a cura di Domenico Jervolino, Morcelliana, Brescia, 2001.<br />

(46) Ivi, p.49.<br />

(47) Ivi p. 79. In precedenza Ricoeur scrive: « Sul piano propriamente spirituale, [la traduzione] invita a estendere lo<br />

spirito della traduzione al rapporto tra le stesse culture, ovvero ai contenuti di senso trasmessi dalla traduzione. Di qui<br />

il bisogno di traduttori da cultura a cultura, di bilingui culturali, in grado di accompagnare quest’operazione di<br />

trasferimento nell’universo mentale dell’altra cultura, tenendo conto dei suoi costumi, delle credenze di base, delle<br />

convinzioni principali – dei suoi riferimenti di senso.»<br />

(48) Ricoeur Paul, Dal testo all’azione. Saggi di ermeneutica, traduzione italiana di G. Grampa, Jaka Book, Milano,<br />

1989, p.28.<br />

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