ULISSE 7-8 - LietoColle
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CICATRICI<br />
Delle ferite, di tagli e abrasioni<br />
declinati all’infinito<br />
che vale parlare: se è qui,<br />
in mano il ferro ancora rosso<br />
che ha marchiato troppi dei suoi giorni,<br />
avrà guadato i suoi torrenti<br />
verso corpi illuminati dal sole,<br />
scalato muri verso fughe o paradisi<br />
e attraversato campi di sterpaglie<br />
(se lo contiene un qui,<br />
se ancora sa aggrapparsi ai propri giorni)<br />
ma in questa sera immobile di mezza estate<br />
sente il fremere delle più nuove -<br />
la persistenza delle lacerazioni<br />
sotto il velo pietoso delle cicatrici.<br />
**<br />
NIPOTI<br />
Svaniranno<br />
lentamente come foto infradicite:<br />
incontri sempre più radi,<br />
un nome che sfugge, tre mesi<br />
e una notizia scarna, la visita<br />
di una nipote; sei mesi, un paio d’anni<br />
a incespicare imbarazzati<br />
in un volto, un nome<br />
o un indirizzo che ha perso significato,<br />
ridotti a voce di chi ancora vive<br />
un poco, poco, e poco a lungo.<br />
Il ricordo di un gesto peculiare,<br />
un ninnolo comparso sul termosifone,<br />
fuori moda e sempre più ingombrante<br />
che svanirà nel nulla o nell’ammasso<br />
che ogni giorno ci sparisce dalle mani<br />
per rintanarsi chissà dove -<br />
un mondo trasparente<br />
parallelo al nostro, intoccabile<br />
e inaccessibile a chi progetta e ancora<br />
spera, con lumi fiochi e fiori marci.<br />
(Nel fango, le mani ingombre di cose,<br />
la vecchia radio rossa, un ninnolo, tre foto,<br />
fango e polvere, un camioncino verde,<br />
giocano i nipoti a reinventare il mondo,<br />
a dare un seguito alle strade<br />
un giorno ad ogni giorno.)<br />
[Da: Il poco cielo che ci guarda (Fiori di torchio, Seregno 2006)]<br />
**<br />
PRIMA LINEA<br />
Le bombe hanno quasi cessato<br />
ma il conto non torna.<br />
Il mio compagno ha la fiasca in mano,<br />
morto, e gli stambecchi sono fuggiti<br />
fra i ghiacci più alti -<br />
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