ULISSE 7-8 - LietoColle
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PAROLE DAL MARGINE.<br />
LA LINGUA POETICA COME ATTO POLITICO<br />
I<br />
Je ne geindrai pas comme Ovide<br />
Chassé du paradis latin.<br />
(Ch. Baudelaire)<br />
…who<br />
among us can speak with so fragile<br />
tongue and remain proud?<br />
(L.Clifton)<br />
dichiara che il canto vero<br />
è oltre il tuo sonno fondo<br />
(F. Fortini)<br />
1. La necessità di interrogarsi, oggi, sulle ragioni della lingua poetica non ha nulla di ovvio o di consueto.<br />
In questa fase della modernità, più che mai caratterizzata dalla perpetua crisi, prima ancora che della<br />
poesia, della parola significante, la possibilità stessa di una questione del genere non può essere data per<br />
scontata. Rispetto a una società dominata dalla socializzazione globale di luoghi, cibi, miti, ma anche di<br />
forme artistiche condivisibili perché mercificabili (cinema, certa narrativa, certa arte, molta musica), la<br />
poesia è socialmente fallimentare, non muovendo denaro, non potendo neanche aspirare (per sommo di<br />
paradosso) allo statuto di scrittura leggibile, poiché pubblicata a stento e in minime percentuali, dunque<br />
non comunicando e non circolando. La poesia è insomma un sistema di parola che, oggi più che mai,<br />
richiede un grado quasi assoluto di asocialità. Visto il suo anacronismo storico, ovvero la sua asimmetria<br />
radicale da una società che tende a rifiutarla come propria espressione culturale, su quale premessa<br />
implicita qualcuno può ancora indagarne la natura, l’attualità della lingua – ovvero le sue stesse<br />
condizioni di esistenza?<br />
2. La chiave di questa intramontata possibilità (e l’avvio di ogni ragionamento su di essa) sta proprio<br />
nella parola: lingua. Quella sopravvivenza di orgoglio che permette di intraprendere un ragionamento<br />
sulla lingua poetica – preliminare sia a una riflessione letteraria sia, a maggior ragione, alla composizione<br />
di un solo verso – è in effetti tutta interna al mezzo usato, quello linguistico.<br />
(Useremo linguaggio in quanto facoltà linguistica; lingua in quanto sua incarnazione fattuale, sia essa una<br />
lingua storica, sia essa una fattispecie linguistica come quella poetica).<br />
La poesia cresce dentro il linguaggio umano, che è lo strumento di interazione con la realtà in cui passa<br />
una maggiore dose di umanità. Questo, di là dal tipo di società in cui il linguaggio agisce, od è agito.<br />
3. Ha scritto Zanzotto nel 1965, dal fondo di una società industriale al trapasso da fordismo a<br />
postfordismo: «Bisogna rendere eloquenti secondo l’umano tutte le forze alloglotte con cui ci si deve<br />
misurare. Ma occorre fiducia nell’origine, nel coraggio iniziale della realtà, di cui, mi pare, la poesia è<br />
l’espressione più ostinata». Questo nucleo di orgoglio cosciente resta finora l’intramontato nucleo di<br />
resistenza nell’operato di ogni poeta e di ogni critico di poesia. E questo nucleo di orgoglio ha le sue radici<br />
nella coscienza del mezzo linguistico, dal cui corpo nasce il mezzo poetico.<br />
4. Ciascun individuo umano mediamente pensante sa che la propria vita è una vita linguistica. Proprio la<br />
silenziosa consapevolezza che il linguaggio articolato sia veicolo di vita e di tessuto umano è la ragione<br />
che spinge certi individui a immettersi nel suo flusso ordinario, per distillare da quel sangue un sangue<br />
nuovo, più ossigenante e (ciò che più importa) non corruttibile.<br />
In altre parole. Chi abbia scritto, nella sua vita, almeno un verso buono, era certo animato dalla<br />
coscienza, più o meno acuta ma indiscutibile, che il linguaggio sia la specificità dell’essere umano. La<br />
premessa in atto dell’umanizzarsi dell’ominide. La definizione aristotelica dell’uomo non ne è che<br />
constatazione: zóon lógon ékon, cioè l’animale che ha la facoltà del linguaggio. Tutto il resto<br />
(autopercezione; relazione cosciente col tempo; ambizione conoscitiva; dimensione morale; intenzione<br />
legislativa; ecc.) ne è, in questo senso, pura conseguenza.<br />
5. Il platonico come il democriteo come il sofista, come persino il pirroniano, sono legati dalla<br />
consapevolezza, dichiarata o semplicemente posta in atto, che «il linguaggio è inseparabile dall’uomo, e<br />
lo accompagna in ogni sua attività», ponendosi come «lo strumento con cui l’uomo forma pensieri e<br />
sentimenti, stati d’animo, aspirazioni, volizioni e azioni, lo strumento con cui influenza ed è influenzato, il<br />
fondamento ultimo e più profondo della società umana» (Hjelmslev).<br />
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