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ULISSE 7-8 - LietoColle

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con nuove prospettive e dimostrando che, se loro possono permettersi di ampliare la produzione libraria, è<br />

proprio perché esiste un pubblico lettore che non demorde e che accoglie appunto le novità.<br />

Il Novecento è stato anche il secolo dell'affermazione delle donne, nella vita sociale e politica così come nella<br />

letteratura. Ma già la stessa Virginia Woolf si augurava che nel futuro la voce poetante potesse configurarsi<br />

al di sopra del genere, per costituire una nuova agognata voce, semplicemente umana. Forse quello che lei si<br />

augurava si è già verificato; e se nei giovani spesso è difficile scoprire segni di identificazione del gender, è<br />

decisamente chiaro il cambiamento di impostazione della voce maschile, come si può verificare in questa<br />

rassegna, dove abbiamo scelto apposta soltanto voci di uomini. In esse il lettore avvertirà che la scissione tra<br />

i ruoli femminile e maschile è scomparsa, o quanto meno straordinariamente diluita. Un poeta fra i più<br />

giovani di quelli scelti, il giapponese Yasuhiro Yotsumoto, può vantarsi di essere nella vita soprattutto e<br />

sostanzialmente un househusband (2), mentre Philip Meersman in una toccante poesia, La fanciulla e la<br />

Croce, assume lo spirito e infine la voce della donna che l'ha colpito, al di là di una non determinante<br />

femminilità, per la sua assoluta dedizione alla causa mistica e artistica. Una voce assolutamente androgina,<br />

d’altronde, è quella di Yves Prié, che dalla sua Bretagna si sposta sempre più lontano, in Italia e poi verso<br />

Oriente, in Egitto, ad Assuan, sul filo di una costante riflessione in cui le forme dell’arte sono la<br />

configurazione tangibile delle figure del pensiero. Nelle poesie che parlano d'amore poi, si sente una diversa<br />

impostazione dei ruoli e l’estraneità da prospettive amorose ormai datate, come quelle più famose del secolo<br />

scorso, da Neruda a Prévert, irripetibili per quanto tuttora (forse) affascinanti.<br />

Infine, se nella poesia del Novecento si può osservare, fino a un certo punto, un crescente allontanamento<br />

dalla natura, perché il canto si eleva sopra il contingente nella configurazione di una poesia concettuale e<br />

metafisica, o perché la realtà immediata rappresentata vive ormai quasi esclusivamente nella "giungla di<br />

cemento" delle città, nella poesia del terzo millennio, con lo sviluppo dell'ecologia e della coscienza ecologica,<br />

la vita torna a fare i conti con la natura, e di conseguenza lo fanno anche la letteratura e la poesia.<br />

Ricompaiono gli animali, e può succedere che nella terra fantastica di Tavastelandia – inventata da Sergio<br />

Badilla, ossia spuntata dalla sua realtà transreale –, le parole vengano soffocate dalla fervente attività del<br />

regno animale, senza che il poeta perda la capacità di ricevere il messaggio vitale dei ranocchi a caccia di<br />

vermi, o della lucciola perduta nella notte, o del riccio che si rifugia nella casa. Può addirittura succedere che<br />

il dialogo naturale diventi amabilmente cosmico, come ad esempio quando «una nuvola chiacchiera con un<br />

cane» (così avviene in un verso del costaricano Jorge Arturo). Intanto la fratellanza riscoperta nel seno della<br />

madre-terra si espande e si congiunge con quella della globalizzazione intesa come abbattimento delle<br />

frontiere. La prima parte dell'ultimo libro dello stesso Jorge Arturo si intitola significativamente Viaggi; Rami<br />

Saari afferma addirittura che egli è il viaggio; e come in loro due, così in tutti gli altri è costante il motivo<br />

dello spostamento e dell'appuntamento altrove, lontano, laddove la cifra accattivante nasce proprio dalla<br />

diversità rispetto delle origini. Eloy Santos, nato in Spagna e vissuto la maggior parte della sua vita in Italia,<br />

trova nella cultura giapponese una cifra che lo rappresenta intimamente, nella quale si riconosce al di là del<br />

tempo e dello spazio (si veda Gagaku). Forse per lo stesso motivo, quando si fa riferimento a elementi locali,<br />

come possono essere i maestri riconosciuti da Philip Meersman, maestri della sua stessa patria, e cioè il<br />

Belgio, essi vengono citati in maniera trasfigurata, con parole diventate, almeno in parte, onomatopee<br />

universali, dentro le quali si celano i nomi, spiegati dall'autore e altrimenti irriconoscibili.<br />

La scelta degli autori che proponiamo è, per quanto ridotta, significativa ed emblematica e l'insieme può<br />

contribuire a formare un nuovo ed efficace ritratto del poeta contemporaneo. Si tratta, come già accennato<br />

precedentemente, di otto intellettuali di otto nazioni diverse, di età compresa tra la soglia non raggiunta dei<br />

60 e i 35 anni, che nella loro poesia fanno spesso riferimento a mondi molto lontani e diversi da quello in cui<br />

sono nati: Sergio Badilla (Cile, 1947), Yves Prié (Francia, 1949), Jorge Arturo (Costa Rica, 1961), Rami Saari<br />

(Israele, 1963), Eloy Santos (Spagna, 1963), Samer Darwich (Libano, 1965), Yasuhiro Yotsumoto<br />

(Giappone, 1965) e Philip Meersman (Belgio, 1971). Non è sicuramente casuale che tutti loro siano<br />

pluricreativi, poeti e narratori, pittori, fotografi, cantanti; né che alcuni di loro siano approdati a forme<br />

poetiche alternative, come la poesia sonora e la poesia visiva, di cui Meersman, erede della ricca scuola<br />

belga, è anche magnifico esponente.<br />

SERGIO BADILLA CASTILLO<br />

Martha Canfield<br />

Sergio Badilla Castillo è nato in Cile nel 1947. La sua produzione nasce dalla forte amicizia creativa con un<br />

gruppo di poeti della sua generazione, tra cui Juan Cameron e .Raúl Zurita, questo ultimo tradotto anche in<br />

italiano. Sotto la dittatura di Pinochet ha dovuto vivere il dramma dell'esilio e in Svezia si è laureato e ha<br />

lavorato come antropologo. Ha inoltre fatto parte di diverse associazioni culturali, quali «Laboratorio di<br />

Stoccolma» e «Pelican Group of Arts», insieme al poeta uruguayano Roberto Mascaró e all’artista cileno Juan<br />

Castillo. Vissuto in diversi paesi europei per circa trent'anni, attualmente risiede a Santiago del Cile. È<br />

giornalista della Radio Svezia Internazionale. È il creatore di una tendenza poetica chiamata «transrealismo»,<br />

che lui definisce così: «Transrealismo è lo sguardo del tempo verso di noi con i suoi occhi quantici».<br />

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