ULISSE 7-8 - LietoColle
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C'ERA QUELLA BARRIERA QUESTO LIMITE<br />
c’era quella barriera questo limite invalicabile ed era improvviso. ed era che da sempre all’improvviso<br />
nell’aria si stendeva una cortina. un po’ di particelle convergenti nel centro esatto della messa a fuoco.<br />
dove moltiplicando l’attenzione confluire la polvere del mondo. non doveva guardare non poteva restare<br />
mai fermo a fissare un luogo. non vi trovava il vuoto o un solo punto cieco nel dare un po’ di tregua agli<br />
occhi. dove ruotarli ancora si chiedeva per rifugiarli nelle inconsistenze. non c’era che arrestarli per quel<br />
poco che si deve alla palpebra e appariva. come una tela di sipario gonfia di corpi che rimangono in<br />
attesa. ne era gravida l’aria che aspettava solo uno sguardo che li rapprendesse. solo che un occhio<br />
ripopolatore animasse di solidi il sublime. prima un po’ di pulviscolo in un raggio come l’aveva scorto<br />
quella volta. era mamma a socchiudere le imposte e il sole trapelò fra quei fermenti. li vedeva convolgere<br />
sul letto convergendo finché lei si voltò. perché piangi diceva è solo l’aria quella che viene e va da me e<br />
da te. ora chissà dove era defluita e se aspettava dietro quella tela. l’aria o la mamma o tutto il teatrino<br />
che s’era susseguito lungo gli anni. perché dopo i corpuscoli la nebbia col tempo s’era sempre più diffusa.<br />
bastava che restasse a sogguardare un punto nello spazio e tracimava. bianca nei lembi ancora<br />
svolazzanti ingrigiva nel centro il suo spessore. finché tutto non era che il confine di un mondo divenuto<br />
inaccessibile. una grata che sempre separava il suo restare a vivere lì dietro. o magari lì dentro fra i<br />
congegni che mettevano in moto il proiettore. tutto si dava con il primo sguardo con cui si riposava la<br />
pupilla. virare l’iride durava poco e anche la testa a voltarla si stanca. prima o poi cade il ciglio su una<br />
scena che sembra messa lì a pacificare. e proprio in quella piccola porzione saliva su dalla periferia. prima<br />
i puntini e poi la nebulosa e infine il velo presto di velluto. e non appena solido il sipario sùbito si gonfiava<br />
di presenze. non come se vi fossero nascoste bensì consustanziando nei risvolti. da principio era un<br />
lembo più convesso fra la casualità di tante pieghe. una forma d’un tanto familiare che poi si trasmetteva<br />
nelle altre. ogni risbuffo lì nel centro grigio s’adeguava alla prima e rinveniva. poi persino nel bianco si<br />
effondeva come la malta che diviene crespa. per quanto si sforzasse ad inseguirli colli non s’allungavano<br />
né corpi. non dai rilievi appena sporti volti in volti sempre noti e sempre quelli. ogni volta gli stessi ad<br />
ogni nuovo solito giro di ricognizione. cambiava forse l’ordine il diritto di prima esposizione la sequenza.<br />
ma restavano quelli con qualcuno ogni tanto in aggiunta ma già noto. come se fosse sempre stato lì ad<br />
aspettare il turno nella maglia. lì con quegli altri a stringere la trama che non si passa a non pagare il<br />
dazio. per tutti c’è un tempo da scontare da scompitare in numeri di nomi. ripeteva tessendo quelle teste<br />
l’una con l’altra e ognuna al proprio addio. cari conforti disse sconfortatemi è l’aria che separa a ritenerci.<br />
quella che viene e ancora se ne va da me per richiamare tutti voi. e allora si metteva a pronunciarli quei<br />
nomi come per sfiatarli via. ogni volta di nuovo per forare la loro consistenza di silenzio. quegli occhi fissi<br />
che non conoscevano umidi gli occhi che li riguardavano. assenti tutti e a malapena gonfi e indifferenti al<br />
tremito del velo. senza nemmeno attendere il respiro che anche il sipario avrebbe dissipato.<br />
Notizia.<br />
Gabriele Frasca, nato a Napoli nel 1957, è poeta, narratore, saggista, autore teatrale e traduttore. Ha<br />
collaborato con RadioRai e attualmente insegna Letteratura Comparata all’Università per Stranieri di<br />
Siena. Si è occupato di Medioevo, Barocco, Modernismo e di teoria delle comunicazioni. Fra i suoi saggi:<br />
Cascando. Tre studi su Samuel Beckett (1988), La furia della sintassi. La sestina in Italia (1992) e La<br />
scimmia di Dio. L’emozione della guerra mediale (1996), La lettera che muore (2005). Per la poesia ha<br />
pubblicato: Rame (1984), Lime (1995) e Rive (2001). Per la narrativa: Santa Mira (2001) e Il fermo<br />
volere (con Luca Dalisi, 2004). Ha curato e tradotto opere di Samuel Beckett (Watt, Le poesie, Murphy) e<br />
Philip K. Dick (Un oscuro scrutare).<br />
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