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ULISSE 7-8 - LietoColle

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discorso incriminato può non aver voluto far altro, nello specifico, che abbozzare ciò che il lettore dovrà<br />

portare a compimento, non la formulazione dì una legge, ma la sintesi di un essere-al-mondo. Quello che<br />

non si dovrà mai più scordare è, però, che vi sono due funzioni nel discorso, ugualmente necessarie,<br />

semplicemente a volte eccessivamente intolleranti e inconsapevoli l’una dell’esistenza dell’altra. Così, ai<br />

confini di due tradizioni culturali, dove accade che questi rapporti si dispongano conviene non irritarsi.<br />

Conviene piuttosto porre nuove domande.<br />

Si può dire, per esempio, che se l’enunciazione inglese, oggi ama molto la frase breve è perché dispone<br />

di mezzi diversi da quella lunga per portare a compimento la sintesi che è l’obiettivo di entrambe, senza<br />

che tuttavia tale sintesi sia appannaggio di alcuna lingua sulla terra. Si pone allora una questione: la<br />

frase breve non è forse compensata, in inglese, dalla vasta e tanto ricca tradizione del romanzo, uno<br />

degli apporti del quale è precisamente suggerire un luogo di vita, un soggiorno, nell’orizzonte della<br />

finzione che dispiega? Osiamo avanzare questa ipotesi: la frase del saggio francese. autorizzata a far uso<br />

di tutti i mezzi della sintassi e dei tropi, rende inutile il romanzo: Montaigne e Diderot, o Mallarmé nelle<br />

Divagations, tolgono all’immaginazione romanzesca la responsabilità che potrebbe spingerla a<br />

un’invenzione forte e potente. Proust non sarebbe quell’ immenso sguardo sulle situazioni e sugli esseri,<br />

se una riflessività — da saggista — non continuasse a dirigerne la parola.<br />

E bisognerebbe anche porsi la questione della poesia, che ha ovunque lo stesso scopo: lacerare la rete<br />

della rappresentazione per giungere a una maggiore unità, a una maggiore presenza al mondo nelle cose<br />

che viviamo; ma dovrà allora far convergere il proprio sforzo di contestazione affascinata in inglese sul<br />

romanzo, ossia sulla finzione, sempre troppo chiusa su se stessa, e in francese sulla parola del saggista,<br />

che infittisce la trama della coscienza delle cose e la coordina con troppa forza.<br />

Yves Bonnefoy<br />

a cura di Donata Feroldi<br />

[da La traduzione del testo poetico, a cura di Franco Buffoni, Marcos y Marcos, 2004; per gentile concessione<br />

dell’autore.]<br />

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