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ULISSE 7-8 - LietoColle

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diffratto in miriadi di significati superficiali, deboli, devianti, essa sembra una via duttile per rigenerare la<br />

sostanza di un senso possibile.<br />

La sua attualità ha molteplici ragioni.<br />

a. Attiva, moltiplica, dialettizza le voci della complessità, rendendo misurabile il superamento dell’io.<br />

«Tutta la vita della lingua, in qualsiasi settore del suo impiego (nella vita quotidiana, negli affari, nella<br />

scienza, nell’arte, ecc.), è penetrata di rapporti dialogici»: l’intuizione di Bachtin vale più che mai per<br />

questo tempo iperaffabulato dall’informazione. Nella lingua poetica possono sedimentare, sotto forma<br />

di vene lessicali specialistiche, di idioletti privati o lingue pubbliche ecc., i bandoli della dialogicità che<br />

ci attraversa. «I rapporti dialogici…debbono incarnarsi nella parola, diventare enunciazioni, diventare<br />

posizioni espresse nella parola di diversi soggetti, perché tra essi possano sorgere rapporti dialogici»: i<br />

diversi soggetti sociali sono portati entro uno stesso spazio testuale, da un medesimo, plurale impulso<br />

linguistico.<br />

b. Assai meglio del modello postmoderno di Jameson, la lingua poetica sperimentale interpreta la<br />

vocazione complessa e al tempo stesso decostruita, schizofrenica, della società contemporanea. Il<br />

dolore, la dolcezza terribile, la violenza snervante della personalità disunita e proliferante dello<br />

schizofrenico, della sua acuta e allucinata percezione della fine imminente, o della sua dilatata,<br />

frazionata, estenuante coscienza dello spazio-tempo, sono leggibili come rappresentazioni incarnate,<br />

drammatiche a tutto tondo, dei nostri mali polifonici. La stessa polifonia ammalata può raggiungere la<br />

lingua poetica sperimentale, con l’additamento implicito d’una via di guarigione: il senso dell’insieme,<br />

dell’unum dominabile del testo, ridotto a forma, o a compresenti pluralità di forme, funzionanti<br />

tuttavia all’unisono.<br />

c. La via polifonica apre quasi sempre, in gradi diversi, alla pulsazione della storia, sotto forma di<br />

maschere, di citazioni, di mescidazione linguistica, ecc. Anche in questo caso, quand’anche sotto falsa<br />

sembianza di ironia, la ricerca del senso deve essere tenace. Il rischio di retorica, sempre presente e<br />

spesso d’intralcio, può essere disinnescato per effetto della forma, che accumula, rivitalizza nel<br />

magma organizzato. L’esempio più ambizioso è nei Cantos, monumento vivo dei rischi e delle<br />

possibilità della poesia novecentesca. Alta anche la prova del Paterson di Williams, fusione di materiali<br />

differenti (compresi autocommento, voce off, scarti prosastici). Non meno significativo, anche perché<br />

animato da più circoscritte ricostruzioni di senso e di storia, il tentativo di Pagliarani all’altezza di<br />

Lezione di fisica e Fecaloro, dove brani veementi come questo: «- Primo: non hanno voglia di lavorare<br />

/ - Ma tu tua figlia a un cafone calabrese / (Dov’è Shylock, mercante di Venezia) / Una libbra sangue<br />

se valse un’arancia / - morte per acqua - / a Mussomeli?», ecc.<br />

d. La lingua poetica polifonica, quando costituisca realtà profonde e realtà lievi in unico discorso, quasi<br />

sempre riattiva enzimi civili, riducendo l’impatto retorico che una pronuncia monodica, più tipicamente<br />

civile, comporterebbe. Il massimo esempio contemporaneo ne è Tony Harrison. Il quale aprendo la<br />

propria pronuncia a tutti depositi linguistici bassi, gergali, settoriali, specialistici e iperculti, lascia<br />

esplodere i materiali della realtà più violenta o dissimulata sotto gli occhi del lettore, senza commento<br />

altro che la ricostruzione del senso, organizzato nella razionalità volontaria della musica scaturente<br />

dalla forma perfetta: «Pickled Gold Coast clitoridectomies? / Labia minora in formaldehyde? / A rose<br />

pink death mask of a screen cult kiss, / Marylin’s mouth or vulva mummified?».<br />

e. Per ottenere i suoi scopi, ovvero per addensare in sé una simultaneità di rappresentazioni, la lingua<br />

polifonica adotterà tecniche come la mescidazione lessicale – quella morfologica restando recinta negli<br />

estremi della lingua che mette in scena prima di tutto sé stessa, depistando dal senso, come in Baldus<br />

o in Finnegans Wake nei casi più alti ma anche più ambigui; il pastiche, e però dosato per la stessa<br />

ragione, cioè per evitare il predominio del significante; l’innesto (dissimulato o meglio dichiarato) di<br />

citazione colta, cioè dialogo con la storia, e citazione bassa, cioè dialogo col proprio tempo; l’inclusione<br />

di materiali impoetici, afferenti a realia. Celebre la lista di locale alla moda scandita da Williams su<br />

ritmo jazzato: «2 partridges / 2 mallard ducks / a Dungenese crab / 24 hours out / of the Pacific / and<br />

2 live-frozen / trouts / from Denmark». Lo stesso Williams chiosava, con parole anche più celebri:<br />

«Qualsiasi cosa è un buon materiale per la poesia».<br />

Il montaggio prevedrà anche tagli di senso, improvvise frane di silenzio: ma in questo caso senso e<br />

silenzio saranno voci di uno stesso lavorio verbale, escavante nelle secrete umane. Per una pagina così<br />

costituita è più vero che mai che «la poesia sta insieme con la pittura, la scultura, la musica» (Sartre): la<br />

lingua poetica è istantanea di un segmento di tempo e insieme dinamica rappresentazione delle sue<br />

simultaneità.<br />

9. Si tratta di una lingua lavica, che chiude in sé materiali esogeni, dando loro un nuovo senso. Vive qui<br />

un nuovo istinto babelico, governato (non placato) dal principio della forma, più difficile in questo caso da<br />

raggiungere, se non in armoniche interne, scovate a singhiozzo.<br />

L’imperfezione del risultato è parte integrante di una lingua così disposta, inclusiva e giocoforza<br />

slabbrata. Si tratta di un’imperfezione necessaria: nessun risultato conchiuso, ma un flusso aperto<br />

all’aggiunzione di dialogo, perfettibile ma non mai perfetto. (Atteggiamento morale, questo, e letterario<br />

insieme: fino ad oggi l’illusione di perfezione ha vanificato energie di pensiero, speso vite, sparso<br />

sangue). Il metodo dei Cantos, per programma imperfetti e slabbrati (cioè a tratti troppo rappresentativi<br />

del puro metodo, a scapito dell’intuizione), ne è alta testimonianza.<br />

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