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diario di bordo - Comune di Capurso

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OSSERVATORIO PER LA LEGALITA’ E LA SICUREZZA – CENTRO STUDI<br />

Questi i contorni della tratta <strong>di</strong> clandestini dall‟Italia alla Libia sgominata dai carabinieri del Ros.<br />

Tre<strong>di</strong>ci gli indagati, nei confronti dei quali i carabinieri dei Reparti Operativi Speciali eseguirono in<br />

Sicilia, Calabria e Lombar<strong>di</strong>a un‟or<strong>di</strong>nanza <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>a cautelare in carcere, emessa su richiesta<br />

della Direzione Distrettuale Antimafia <strong>di</strong> Bari e datane notizia il 5 marzo. L‟accusa era <strong>di</strong><br />

associazione a delinquere finalizzata al sequestro <strong>di</strong> persona a scopo <strong>di</strong> estorsione, al<br />

favoreggiamento dell‟immigrazione clandestina, nonché alla falsificazione <strong>di</strong> documenti <strong>di</strong> identità<br />

e <strong>di</strong> soggiorno.<br />

*il passaparola “etnico” – Sempre in marzo, denunciavano i volontari che seguono i migranti e<br />

confermavano alcune fonti delle forze <strong>di</strong> polizia che attorno al business dell‟immigrazione<br />

clandestina a Bari si stava sviluppando un silenzioso e pericoloso canale per la criminalità<br />

organizzata locale. Gli ospiti dei centri sarebbero stati utilizzati da malavitosi per lo spaccio o per<br />

altri lavori sporchi. Non a caso si vedevano decine <strong>di</strong> ragazzi extracomunitari per le strade del San<br />

Paolo o <strong>di</strong> Enziteto (quartieri del capoluogo), tra le altre cose le zone più vicine al Cara: non<br />

facevano accattonaggio ma giravano spesso con personaggi vicini al mondo dello spaccio.<br />

All‟interno dei centri <strong>di</strong> permanenza si mischiavano scafisti e semplici immigrati, carnefici e<br />

vittime. Spiegavano le forze <strong>di</strong> polizia che in questi centri c‟erano spesso veri malavitosi. Persone<br />

con un‟altissima capacità a delinquere che potevano <strong>di</strong>ventare pericolosi per la comunità.<br />

Chi è al Cara, infatti, (a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quello che avviene nel Cie, il centro <strong>di</strong> identificazione ed<br />

espulsione) è libero <strong>di</strong> uscire quando vuole dal centro. Non era infatti clandestino ma in attesa <strong>di</strong><br />

conoscere se la Prefettura gli concedeva lo status <strong>di</strong> rifugiato politico: prima <strong>di</strong> ottenere la risposta<br />

della commissione, quin<strong>di</strong>, ciascun immigrato era libero <strong>di</strong> vedere e incontrare liberamente<br />

chiunque. Le nuove norme volute per gestire l‟emergenza avevano permesso <strong>di</strong> aumentare il<br />

periodo <strong>di</strong> permanenza all‟interno dei centri. Questo consentiva agli immigrati <strong>di</strong> rimanere più a<br />

lungo nel territorio e <strong>di</strong> prendere contatti. Inoltre a Bari si era stabilita una cellula <strong>di</strong> nigeriani e<br />

sudanesi che gestivano il business della prostituzione e appunto il traffico <strong>di</strong> persone: chi arrivava,<br />

quin<strong>di</strong>, aveva una base, sapeva già a chi rivolgersi.<br />

A Bari, nei primi mesi dell‟anno, erano arrivati centinaia e centinaia <strong>di</strong> clandestini attirati da un<br />

passaparola etnico: nella comunità in mezza Italia si era sparsa la voce – come raccontavano i<br />

me<strong>di</strong>atori culturali che lavorano nelle associazioni <strong>di</strong> volontariato – che in città ci sarebbero stati<br />

avvocati in grado <strong>di</strong> ribaltare i giu<strong>di</strong>zi delle commissioni prefettizie e <strong>di</strong> fare ottenere, grazie a un<br />

provve<strong>di</strong>mento del giu<strong>di</strong>ce, il permesso temporaneo per motivi politici ai clandestini. Una truffa per<br />

speculare sulla <strong>di</strong>sperazione della gente.<br />

*le etnie Ibo e Hausa – Contrasti tra i <strong>di</strong>versi gruppi per la gestione della prostituzione, ma anche<br />

rivalità religiose e sociali. Nella comunità nigeriana barese era in corso una guerra fratricida che<br />

riproponeva spaccature esistenti nel Paese africano tra le <strong>di</strong>verse etnie. Era quello che emergeva da<br />

una indagine della polizia e in questo quadro andava inserito l‟arresto compiuto dalla Squadra<br />

mobile nella notte tra il 10 e l‟11 marzo. I poliziotti avevano fermato Eheiorobo Prince Clifford, 33<br />

anni, con l‟accusa <strong>di</strong> tentato omici<strong>di</strong>o nei confronti <strong>di</strong> un suo connazionale, il 28enne Ubulo Nose, a<br />

sua volta catturato il 9 marzo dopo una rissa a colpi <strong>di</strong> machete (Nose era ricoverato in gravi<br />

con<strong>di</strong>zioni). Oltre all‟arresto <strong>di</strong> Clifford gli agenti avevano denunciato altre otto persone, ancora<br />

ricercate.<br />

Le frizioni iniziarono l‟8 marzo, a mezzogiorno: una banda <strong>di</strong> cinque persone armate <strong>di</strong> bastoni<br />

chiodati, martelli e asce fece irruzione nella chiesa evangelica <strong>di</strong> viale Europa, ferendo tre nigeriani<br />

in preghiera, tra i quali una donna incinta al settimo mese. A capo della squadraccia ci sarebbe stato<br />

Nose. Una raid che scatenava la vendetta delle vittime: poche ore dopo, infatti, otto persone, tra le<br />

quali Clifford, penetravano con la forza in un basso <strong>di</strong> via Ravanas, nel cuore del quartiere Libertà,<br />

e colpiva più volte alla testa e alle braccia Nose. Il 28enne venne ricoverato d‟urgenza, i me<strong>di</strong>ci,<br />

fortunatamente, gli salvarono la vita ma la polizia lo arrestò. Clifford, invece, aveva già precedenti<br />

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