Sebastiano Tusa - Regione Siciliana
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a p. 144 si parla dei rinvenimenti sottomarini<br />
dal golfo di Palermo. Il Purpura<br />
cita la bellissima giara magrebina del XIII<br />
secolo trovata fortuitamente alla Cala, le<br />
anfore puniche frammentarie trovate<br />
presso il faro dell’Arenella. Il tutto in poco<br />
meno di un quarto di pagina a stampa.<br />
Siamo convinti che tutto ciò non abbia<br />
niente a che vedere con la realtà fenomenica<br />
dell’esistente, sia essa già depredata e,<br />
pertanto, sconosciuta alla scienza, sia essa<br />
ancora da identificare e analizzare scientificamente.<br />
Queste e altre poche notizie<br />
che hanno raggiunto la notorietà attraverso<br />
la stampa sono certamente la piccolissima<br />
punta di un iceberg ben più ricco e<br />
sostanzioso, sia sotto il profilo storico-archeologico<br />
che artistico.<br />
Non è questa la sede per tracciare una<br />
storia dell’area in questione, ma è bene ricordarne<br />
alcuni momenti salienti per enucleare<br />
le grandi potenzialità di una ricerca<br />
archeologica subacquea in questo spazio<br />
di mare.<br />
Partendo dalla preistoria ricordiamo che<br />
dalla zona dell’attuale area urbanizzata<br />
<strong>Sebastiano</strong> <strong>Tusa</strong><br />
provengono alcuni esemplari di ceramiche<br />
assimilabili a quella cultura del III e II millennio<br />
a.C. definita del Bicchiere Campaniforme.<br />
La suddetta cultura e il suo popolo<br />
ebbero una grande diffusione al livello<br />
europeo, investendo l’Europa dalla penisola<br />
iberica agli Urali con le appendici<br />
settentrionali della Scandinavia e delle isole<br />
britanniche, e meridionali della penisola<br />
italiana, della Sardegna e della Sicilia. È<br />
quasi certo che l’estrema mobilità di questa<br />
cultura e del suo popolo sia da giustificare<br />
con la diffusione primaria del rame e<br />
delle tecnologie connesse con la fusione di<br />
questo metallo che rivoluzionò completamente<br />
la vita delle società preistoriche.<br />
In Sicilia tale fenomeno appare localizzato<br />
nel Palermitano e nel basso Belice. Ma<br />
è chiaro che il popolo del Bicchiere giunse<br />
nell’isola navigando dal golfo di Cagliari<br />
a quello di Palermo. La navigazione dovette,<br />
quindi, essere di capitale importanza<br />
per la scoperta delle qualità del rame e dei<br />
metalli anche in Sicilia.<br />
Giungendo poi al periodo storico è quasi<br />
inutile ricordare che il porto naturale<br />
di Palermo fu uno dei più fiorenti a partire<br />
dalla colonizzazione fenicio-punica dell’VIII-VI<br />
sec. a.C.<br />
Fu importante sia sotto il profilo commerciale<br />
che militare. Basti pensare che<br />
nel 480 a.C. in esso si raccolse la flotta che<br />
combatté a Imera contro i Greci e che<br />
nel 406 a.C. vi stazionarono le 40 trireme<br />
cartaginesi coinvolte nell’assedio di<br />
Agrigento.<br />
Non fu soltanto l’area dell’odierno porto a<br />
essere interessata all’attracco, ma anche le<br />
zone dell’Acquasanta e dell’Arenella, dove<br />
recentemente sul fondale roccioso, misto a<br />
sabbia e posidonia, è stata rilevata la presenza<br />
di cocciame sparso, di cui sono stati<br />
recuperati alcuni campioni (colli d’anfora<br />
medievali, orlo di anfora punica, collo<br />
d’anfora con ansa tipo tripolitana, chiodo<br />
concrezionato, elemento di struttura navale<br />
concrezionato e vari frammenti di epo-<br />
Grande giara islamica del<br />
porto di Palermo.<br />
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