Sebastiano Tusa - Regione Siciliana
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Castellammare del Golfo.<br />
Il castello sul porto<br />
(foto Fondo Orao).<br />
Quest’ultima, infatti, per le sue caratteristiche<br />
tipologiche porrebbe il manufatto<br />
a partire dal I sec. a.C. L’identificazione<br />
della struttura portuale come parte dell’“emporio<br />
segestano” appare, quindi, del<br />
tutto plausibile.<br />
Ma non era soltanto la baia ove insiste la<br />
moderna struttura portuale a dare rifugio<br />
ai natanti nell’antichità. Certamente era<br />
frequentemente utilizzato un altro approdo<br />
alla foce del San Bartolomeo, oggi delimitazione<br />
amministrativa tra i comuni<br />
di Castellammare del Golfo e Alcamo.<br />
Ma l’intensa attività portuale in questo<br />
agevole e sicuro rifugio all’interno dell’e-<br />
stuario del San Bartolomeo, ancora oggi<br />
navigabile per un breve tratto, è anche attestata<br />
dalla vita prolungata di una fornace<br />
del tipo a camera con pilastro centrale,<br />
sita a pochi metri dal bordo occidentale<br />
del fiume, che, a giudicare dall’enorme<br />
quantità di frammenti ceramici di anfore<br />
e tegole, nonché di numerosi scarti di<br />
cottura sparsi nelle vicinanze, dovette<br />
avere una proficua attività dal tardo ellenismo<br />
all’epoca romana.<br />
Sempre a proposito di mare, ma con un<br />
occhio più rivolto ai risvolti rituali connessi<br />
con esso, non possiamo non citare<br />
la grotta di S. Margherita, situata nell’insenatura<br />
del golfo di Castellammare, nel<br />
tratto prospiciente il luogo della vecchia<br />
tonnara. Gli affreschi alle pareti hanno<br />
nel grande pesce terrifico, a metà tra uno<br />
squalo e un mostro marino, l’identificazione<br />
concreta del male indicando il ruolo<br />
del mare nell’immaginario millenario<br />
locale. La grotta, sicuramente luogo di<br />
culto e di preghiera in epoca post-medievale<br />
ha assunto nel tempo una valenza<br />
magico-sacrale collegata alla tonnara. Ma<br />
che il luogo abbia sempre avuto una valenza<br />
sacrale, oltre che industriale, è anche<br />
testimoniato dalle tracce di un antico<br />
impianto per la lavorazione del pesce salato<br />
e la produzione del prelibato garum.<br />
Si tratta di resti di vasche quadrangolari<br />
rivestite di cocciopesto dove il pesce veniva<br />
lasciato seccare al sole e da dove veniva<br />
raccolto in poltiglia, collocato nelle<br />
anfore e stivato nelle navi in partenza per<br />
i mercati cittadini.<br />
Anche qui, come nella non lontana Tonnara<br />
del Secco, in territorio di San Vito lo<br />
Capo, l’impianto romano per la lavorazione<br />
del pesce insiste nella medesima area<br />
dove in epoca post-medievale si collocherà<br />
la tonnara. È proprio presso le summenzionate<br />
vasche che si attaccava, infatti, il<br />
“pedale” della rete della tonnara, testimonianza<br />
evidente di una tradizione millenaria<br />
di “coltivazione” del mare.<br />
129 Fattibilità dei parchi e itinerari archeologici subacquei nella Sicilia occidentale