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Sebastiano Tusa - Regione Siciliana

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reti a Rizzo) hanno avuto nel trattare la<br />

materia. La sola lettura di Polibio e degli<br />

altri storici dell’antichità senza il conforto/confronto<br />

delle fonti archeologiche,<br />

sia subacquee che terrestri, non permetteva<br />

di dettagliare alcunché sulla dinamica<br />

dello scontro al di là di una generica identificazione<br />

di quest’ampio spazio di mare<br />

delle Egadi come l’effettivo teatro delle<br />

operazioni, e di inquadrare con precisione<br />

il momento politico-militare che entrambi<br />

i contendenti stavano attraversando.<br />

Ma l’approfondimento sia delle problematiche<br />

topografico-archeologiche che di<br />

quelle storiche ci ha fatto giungere a conclusioni<br />

diverse attuando, soprattutto,<br />

quell’indispensabile correlazione critica e<br />

dinamica tra fonti scritte e fonti archeologiche.<br />

Dal saggio della Gulletta si evince che<br />

l’indicazione di Polibio del luogo di appostamento<br />

romano prima dell’agguato<br />

con “Aigussa di fronte a Lilibeo” può ben<br />

identificarsi con Levanzo e non con Favignana.<br />

Ciò in virtù di una rilettura del<br />

passo polibiano alla luce del successivo<br />

testo di Livio secondo cui la necessità di<br />

specificare quale delle “Aigussa” intendeva<br />

scaturiva proprio dalla necessità di diversificarla<br />

rispetto a quella più grande<br />

(Favignana). Molto accortamente la Gulletta<br />

spiega che “se la ‘Aigussa di fronte a<br />

Lilibeo’ fosse da intendersi ‘la Aigussa<br />

quella che è davanti al Lilibeo’, l’esigenza<br />

di un tale chiarimento topografico, da<br />

parte della fonte di Polibio non si spiegherebbe<br />

se non con la necessità di indicare<br />

non la più grande e la più nota delle isole,<br />

quella che dà il nome all’arcipelago (Favignana),<br />

bensì la sua gemella, l’Aigussa più<br />

piccola, la Phorbantia di Tolomeo, quella<br />

Levanzo legata all’antico ricordo di mari<br />

tempestosi lungo le rotte rodie e fenicie<br />

verso il Tirreno”.<br />

Tenendo a mente quanto su specificato<br />

rivolgiamoci adesso alla definizione della<br />

meta della lunga navigazione cartaginese.<br />

È noto che la flotta di Annone, carica di<br />

vettovagliamenti, era partita da Cartagine<br />

con il precipuo scopo di rompere l’assedio<br />

che costringeva i propri connazionali<br />

sulla vetta del San Giuliano (Erice) e rifornirli<br />

di viveri e masserizie poiché ormai<br />

stremati dal lungo isolamento cui li<br />

avevano costretti i Romani accampati alle<br />

pendici del medesimo monte. Al fine di<br />

comprendere bene la problematica connessa<br />

con l’assedio sul San Giuliano e, soprattutto,<br />

le sue dinamiche topografiche<br />

in funzione della definizione più precisa<br />

del probabile luogo di attracco designato<br />

della flotta di Annone, era necessario conoscere<br />

bene la situazione topografico-archeologica<br />

di questo monte, finora non<br />

dettagliatamente nota. A tal fine ci siamo<br />

avvalsi della collaborazione di Antonino<br />

Filippi, profondo conoscitore dei luoghi,<br />

che ha riconsiderato quanto finora scritto<br />

ed elaborato al proposito, alla luce di una<br />

puntuale ricognizione del monte, individuando<br />

emergenze archeologiche che ci<br />

hanno permesso di ipotizzare con maggiore<br />

precisione la dinamica dell’assedio<br />

e, quindi, anche l’approdo cui tendeva<br />

Annone. Per quanto attiene ai particolari<br />

della situazione topografica-archeologica<br />

del Monte San Giuliano si veda il saggio<br />

di Filippi proposto in seguito.<br />

Nel corso della prima guerra punica Erice<br />

da centro noto nell’ecumene di allora come<br />

sede dell’importante santuario dedicato<br />

ad Astarte/Venere, diventa roccaforte<br />

militare cartaginese. Già dal 260 a.C.<br />

Asdrubale aveva trasferito i suoi abitanti<br />

nell’emporio costiero di Drepanum con<br />

l’intento di rafforzare le difese costiere.<br />

Ma la vetta rimane saldamente nelle mani<br />

dei Cartaginesi ed è per questo che nel<br />

249 a.C. i Romani vi posero l’assedio sul<br />

versante occidentale e meridionale, interrompendo<br />

di fatto il collegamento tra la<br />

roccaforte militare sulla vetta e lo scalo<br />

marittimo di Drepanum. Qui, nei pressi<br />

del Pizzo Argenteria e delle Rocce del Cal-<br />

Sintesi storico-archeologica e potenzialità della ricerca

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