Sebastiano Tusa - Regione Siciliana
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dirigeva verso Sud-Ovest a protezione dell’estuario<br />
occidentale costituito dalla foce<br />
del Modione.<br />
Da questi e altri elementi si evince che<br />
Selinunte dovette essere dotata di due<br />
strutture portuali che, con tutta verosimiglianza,<br />
dovremmo immaginarci simili<br />
al famoso vicino porto-canale di Mazara<br />
del Vallo. Del resto la situazione geomorfologica<br />
mazarese è pressocchè identica a<br />
quella selinuntina.<br />
Mazara del Vallo, porto più recente e sempre<br />
utilizzato, non ha subito la fatale sorte<br />
che colpì Selinunte dopo la sua fine:<br />
l’insabbiamento. Avvolta in una massa<br />
dunosa in continuo movimento, la città,<br />
con santuari, mura, edifici pubblici e privati<br />
e i suoi porti cadde ben presto nell’oblio<br />
sino alla perdita della propria identità<br />
storica, che soltanto molti secoli dopo<br />
Tommaso Fazello le ridiede identificandone<br />
le vestigia.<br />
Ma la prova più valida dell’esistenza dei<br />
due porti-estuari ci è data dall’esistenza<br />
stessa di Selinunte. Dalle fonti scritte e da<br />
quelle archeologiche si evince la connotazione<br />
di una città che doveva la sua esistenza<br />
e la sua ricchezza ai commerci marittimi<br />
quale scalo intermedio fra Italia<br />
peninsulare e Africa (pensiamo al commercio<br />
etrusco che attraversava Selinunte)<br />
e fra Sicilia punica e Sicilia greca.<br />
I coloni megaresi che vi si installarono<br />
non furono attratti soltanto dall’emergere,<br />
peraltro modesto, della futura acropoli,<br />
ma dai due formidabili estuari che da<br />
soli potevano costituire altrettanti porti<br />
naturali, protetti rispettivamente da scirocco<br />
e da ponente (venti dominanti della<br />
zona). Queste caratteristiche naturali vennero<br />
ulteriormente rafforzate dalla costruzione<br />
di almeno due pennelli o moli a mare<br />
che contribuirono ad accrescere la capacità<br />
di approdo delle insenature naturali.<br />
Un’operazione scientifica di grande respiro<br />
e di grande risonanza contribuirebbe<br />
non poco alla conoscenza dell’ingegneri-<br />
<strong>Sebastiano</strong> <strong>Tusa</strong><br />
stica portuale greca, peraltro quasi per<br />
niente nota a differenza di quella romana.<br />
L’attrattiva di questa operazione sul piano<br />
della offerta pubblica di visita è grandiosa.<br />
In nessuna zona archeologica del Mediterraneo<br />
è possibile avere la percezione<br />
dell’approdo in maniera globale. In verità<br />
molte sono le strutture portuali di quel<br />
periodo conosciute – da Tiro a Sidone, da<br />
Arad a Cesarea – ma nessuna è stata ampiamente<br />
analizzata e, soprattutto, messa<br />
in luce. Condizionamenti di tipo estraneo<br />
alla ricerca (dalla situazione politica<br />
all’esistenza di antropizzazione successiva<br />
e attuale) non hanno permesso il compimento<br />
di ricerche e operazioni del tipo<br />
che si vuole qui effettuare. A Selinunte<br />
l’assenza di antropizzazione successiva ci<br />
offre la possibilità di affrontare il problema<br />
nella sua interezza con la certezza di<br />
effettuare un’operazione scientifica di rilevanza<br />
mondiale e di creare un’attrazione<br />
storico-culturale e monumentale di<br />
forte impatto pubblico.<br />
Menfi – Porto Palo<br />
In seguito a segnalazioni e a ripetute campagne<br />
di scavo si è giunti all’identificazione,<br />
a poca distanza dalla costa immediatamente<br />
a ovest del porto di Porto Palo,<br />
di un relitto antico, grazie al rinvenimento<br />
di numerose anfore dei tipi Dressel 1<br />
A e puniche del tipo Maña C 2 (delle<br />
quali una con piccolo bollo sulla spalla<br />
costituito da un tralcio vegetale a tre appendici<br />
laterali) che costituivano la parte<br />
Legno del relitto di<br />
Porto Palo.<br />
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