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Sebastiano Tusa - Regione Siciliana

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tecnici e specialisti del G.I.A.S.S. (Gruppo<br />

d’Indagine Archeologica Subacquea<br />

Sicilia della <strong>Regione</strong> <strong>Siciliana</strong>), del<br />

CE.O.M. (Centro Oceanologico Mediterraneo),<br />

dell’Università di Catania (Facoltà<br />

di Economia e Commercio), della<br />

Soprintendenza per i Beni Culturali ed<br />

Ambientali di Trapani e di altre istituzioni,<br />

chiamati a collaborare di volta in volta,<br />

come nel caso di Jeremy Green (Australian<br />

National Centre of Excellence for<br />

Maritime Archaeology) e di Henry Delauze<br />

(Comex), con il costante ed eccellente<br />

supporto logistico della Guardia di<br />

Finanza e la collaborazione dell’Arma dei<br />

Carabinieri, della Guardia Costiera e del<br />

Comune di Favignana.<br />

Multidisciplinarietà in questa tipologia di<br />

ricerca e lavoro non costituisce un fattore<br />

determinante soltanto per l’efficacia e la<br />

completezza del risultato, ma è anche una<br />

garanzia di equilibrio tra le varie componenti<br />

sia in fase di metodologia di approccio,<br />

sia nella redazione del prodotto<br />

di sintesi finale. È proprio grazie al concorso<br />

di diversi approcci metodologici,<br />

desunti dal confronto tra operatori di varie<br />

discipline chiamati a partecipare alla<br />

ricerca, che abbiamo strategicamente<br />

puntato al raggiungimento di un corretto<br />

equilibrio tra tecnologia avanzata (operando<br />

quelle scelte che diano l’opportunità<br />

di investire il minor tempo e denaro<br />

possibili per avere il maggior numero di<br />

dati) e ricerca tradizionale basata sulla risorsa<br />

umana. Del resto è ormai risaputo<br />

che l’indagine visiva diretta costituisce<br />

l’optimum in questo tipo di ricerca archeologica.<br />

Lo strumentario sempre più<br />

sofisticato di rilevamento elettro-acustico<br />

non può ancora sostituire l’occhio umano,<br />

soprattutto in situazione di particolare<br />

articolazione del fondo marino. La nostra<br />

esperienza alle Egadi conferma questo<br />

assunto.<br />

Volendo sintetizzare le linee strategiche<br />

fondamentali della metodologia adottata<br />

<strong>Sebastiano</strong> <strong>Tusa</strong><br />

possiamo affermare che il lavoro si è articolato<br />

in due fasi principali che non si<br />

sono necessariamente poste in sequenza<br />

cronologica, ma che spesso hanno interagito<br />

per creare quel dinamico feedback necessario<br />

per il raggiungimento dell’obiettivo<br />

finale. Le due fasi sono state quelle<br />

della ricerca e quella della progettazione e<br />

verifica di fattibilità, in senso lato, dei<br />

parchi e itinerari archeologici subacquei<br />

in tutte le sue componenti tecniche, didattiche,<br />

mediatiche ed economiche (costi/<br />

benefici).<br />

La ricerca si è svolta con una progressione<br />

rivolta a un sempre maggiore approfondimento<br />

tematico, articolandosi sostanzialmente<br />

in tre fasi che sono servite a focalizzare,<br />

evidenziare, analizzare e interpretare<br />

le molteplici emergenze archeologiche<br />

individuate. Metaforicamente è come<br />

se si fosse posto uno zoom su ogni evidenza<br />

spingendone la focale al massimo<br />

fino a dettagliarne le caratteristiche.<br />

La prima fase della ricerca si è articolata<br />

nella raccolta di dati storici antichi e recenti<br />

che potessero evidenziare la presenza<br />

di emergenze archeologiche subacquee<br />

nell’ambito dell’arcipelago delle Egadi. Si<br />

sono rilette le fonti classiche, si è scandagliata<br />

la bibliografia specialistica (invero<br />

esigua) e si è, soprattutto, cercato di rompere<br />

il muro di diffidenza di pescatori,<br />

subacquei e gente comune per ottenere<br />

dai diretti fruitori dei luoghi utili informazioni<br />

per il nostro scopo. Da queste<br />

tre operazioni di ricognizione preliminare<br />

sono scaturite molteplici notizie su potenziali<br />

areali e siti d’interesse archeologico<br />

che sono servite per pianificare e ottimizzare<br />

la seconda fase costituita dalla<br />

ricognizione effettiva dei luoghi.<br />

Questa seconda fase è stata eseguita sia<br />

strumentalmente, con indagini elettroacustiche,<br />

che direttamente, mediante immersione<br />

umana ricognitiva. Grazie a<br />

questa seconda fase operativa il livello di<br />

dettaglio si è elevato. Infatti, effettuando<br />

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