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Sebastiano Tusa - Regione Siciliana

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Terrasini.<br />

Torre Molinazzo.<br />

Torre Molinazzo. Resti di<br />

strutture industriali di<br />

epoca romana per la<br />

produzione del garum.<br />

di mare siciliano, come nel caso della spedizione<br />

ateniese contro Hykkara (fine del<br />

V sec. a.C.), delle scaramucce navali precedenti<br />

la battaglia delle Egadi del 241<br />

a.C. tra Romani e Cartaginesi e dell’ultima<br />

resistenza arabo-musulmana al tempo<br />

di Federico II.<br />

Relitti sono segnalati nei pressi delle località<br />

Cala Rossa e Torre Molinazzo (dove<br />

insiste sulla costa un impianto per la lavorazione<br />

del garum). Anche la conformazione<br />

della costa, caratterizzata da spiagge<br />

alternate a protuberanze rocciose talvolta<br />

prolungate verso il largo con file di scogli<br />

insidiosi, favorì il naufragio nell’antichità<br />

così come in tempi recenti.<br />

Ma il relitto più noto, anche se non<br />

scientificamente scavato ma a più riprese<br />

sondato e da cui provengono numerose<br />

anfore conservate nel locale museo, è<br />

quello localizzato nell’area portuale di<br />

Terrasini, in località Mezza Praia. Era una<br />

nave romana del I sec. d.C., naufragata<br />

presso l’arenile. Proveniva dalla Spagna, a<br />

giudicare dalle anfore recuperate del tipo<br />

Dressel 7 e 8. Trasportava probabilmente<br />

garum, ma anche vino e lingotti di rame.<br />

Interessante è il rinvenimento di due spade<br />

che potrebbero indicare l’esistenza (del<br />

resto attestata altrove e nelle fonti) di armamento<br />

di bordo utilizzato per contrastare<br />

eventuali atti di pirateria.<br />

Ma la presenza nella stessa zona di anfore<br />

più antiche del tipo greco-italico (III sec.<br />

a.C.) indica che questo spazio di mare fu<br />

spettatore di un altro naufragio.<br />

Castellammare del Golfo<br />

Castellammare del Golfo, come pochi altri<br />

luoghi della costa siciliana e dell’Italia<br />

meridionale tirrenica, racchiude in sè lo<br />

stereotipo di un territorio in costante bilico<br />

o equilibrio precario tra mare e terra.<br />

Talvolta, nella storia, tale equilibrio è stato<br />

sinonimo di grandi e fecondi sviluppi<br />

economici e civili, talaltra ha significato<br />

lacerazioni, crisi, incomprensioni e conflitti.<br />

In questo equilibrio si iscrive il millenario<br />

rapporto tra contadini e marinai,<br />

o, meglio, per citare l’efficace titolo di un<br />

meraviglioso documentario sui tonnaroti<br />

di De Seta, tra contadini di terra e contadini<br />

del mare.<br />

A Castellammare questo rapporto si legge<br />

con emblematica vivacità sin dalla più remota<br />

preistoria. È proprio allora che inizia<br />

l’occupazione delle grotte del litorale<br />

i cui abitanti, soprattutto nel mesolitico<br />

(circa 8.000 anni a.C.), vivevano su un<br />

sapiente ed equilibrato sfruttamento di<br />

risorse terrestri e marine.<br />

Ma evidentemente a un certo punto l’equilibrio<br />

si rompe e tra il neolitico finale<br />

e l’eneolitico (V-IV millennio a.C.) in<br />

questo territorio si crea una dicotomia tra<br />

popoli della terra (o meglio della montagna)<br />

e popoli del mare. Quanto detto scaturisce<br />

dai dati raccolti in seguito allo scavo<br />

e alle ricognizioni effettuate nelle grotte<br />

del Monte Inici.<br />

Al mare ci riportano le testimonianze più<br />

127 Fattibilità dei parchi e itinerari archeologici subacquei nella Sicilia occidentale

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