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Sebastiano Tusa - Regione Siciliana

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Selinunte. Veduta<br />

aerea dell’Acropoli<br />

(foto Fondo Orao).<br />

nora soltanto l’inizio di alcune strade e<br />

scalinate che scendevano verso i porti è<br />

stato chiaramente identificato.<br />

Selinunte basava, quindi, la sua ricchezza<br />

su due strutture portuali, poste rispettivamente<br />

a est e a ovest dell’acropoli, in prossimità<br />

delle foci del Gorgo Cottone e del<br />

fiume Modione. I porti costituivano l’anello<br />

di transizione fra due mondi: la terra<br />

e il mare. Come tali la loro percezione,<br />

oggi mancante, darebbe la chiave per<br />

comprendere pienamente che cosa Selinunte<br />

fu per l’antichità.<br />

Di evidenze portuali dell’antichità se ne<br />

conoscono diverse. Esse vanno distinte in<br />

differenti categorie, da quelle naturali a<br />

quelle parzialmente adattate artificialmente,<br />

a quelle decisamente artificiali. Vitruvio<br />

(De architectura, V, 12) ci conferma<br />

che questa distinzione era già nota nell’antichità.<br />

Egli distingue fra porti naturali<br />

e artificiali. Questi ultimi possono,<br />

inoltre, avere caratteristiche molto diverse<br />

fra loro. Si poteva passare dall’insenatura<br />

naturale protetta da una semplice<br />

diga, ad una serie di bacini multipli completamente<br />

costruiti.<br />

Il sistema portuale selinuntino si dovrebbe<br />

porre fra quelle strutture naturali dotate<br />

di opere artificiali che assolvevano ad<br />

una doppia funzione di protezione, ma<br />

anche di avamporti destinati all’approdo,<br />

allo scarico e al carico delle merci. Sul piano<br />

tipologico e cronologico dovremmo<br />

trovarci in quel periodo nel quale, sempre<br />

secondo Vitruvio, l’evoluzione delle tecniche<br />

ingegneristiche permise la costruzione<br />

di strutture sommerse. Particolarmente<br />

frequenti divennero le semplici dighe<br />

che, partendo dalla costa secondo varie<br />

angolature, descrivevano archi o gomiti<br />

per riparare insenature naturali, come<br />

nel caso di Tabbat-el-Hammam, di fronte<br />

all’isolotto di Machroud (sulla costa siropalestinese),<br />

databile al IX sec. a.C. Più<br />

elaborati e sicuri divennero i porti a dighe<br />

multiple, ma soltanto con i Romani l’ingegneristica<br />

portuale raggiungerà i vertici<br />

assoluti dell’era pre-cemento armato.<br />

Da tutta una serie di evidenze raccolte<br />

negli anni in seguito a ricerche scientifiche<br />

e alla tradizione orale tramandata dai<br />

pescatori si evince che le strutture portuali<br />

selinuntine dovevano essere costituite<br />

da due grandi estuari naturali protetti da<br />

alcune dighe che riparavano le insenature<br />

sia da scirocco che da ponente.<br />

Nell’ambito del porto di levante, alcuni<br />

scavi effettuati sulla spiaggia diedero l’opportunità<br />

di mettere in luce l’inizio di un<br />

largo e massiccio molo che si dirigeva verso<br />

Sud-Ovest in direzione del mare. Detta<br />

struttura doveva costituire la barriera di<br />

protezione da ponente. Nel corso di una<br />

potente sciroccata, all’inizio degli anni<br />

’50, una struttura analoga, che doveva essere<br />

la continuazione di quella precedentemente<br />

scavata, si scoprì proprio al di<br />

sotto delle pendici orientali dell’acropoli.<br />

Fino agli inizi degli anni ’70, infine, era<br />

visibile una lunga struttura che, partendo<br />

dalle pendici occidentali dell’acropoli, si<br />

145 Fattibilità dei parchi e itinerari archeologici subacquei nella Sicilia occidentale

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