Sebastiano Tusa - Regione Siciliana
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Risultati e conclusioni<br />
Il settore della ricerca subacquea, in particolare<br />
archeologica, è sempre più di attualità<br />
e di estremo interesse, oltre che<br />
per la possibilità di reperire interessanti<br />
dati archeologici e storici, per la notevole<br />
diffusione della pratica dell’immersione<br />
sportiva e per l’importanza assunta dall’impiego<br />
di tecniche ed attrezzature particolari<br />
che addirittura hanno fatto ritenere<br />
si trattasse di un ramo nuovo e autonomo<br />
dell’archeologia.<br />
Tale ricerca è stata sempre condotta con<br />
metodologia tradizionale, avvalendosi<br />
cioè di osservazioni dirette di subacquei,<br />
se gli oggetti della ricerca erano a bassa<br />
profondità, o addirittura di minisommergibili<br />
o ROV, se le profondità erano più<br />
elevate. Negli ultimi anni però si è andato<br />
sempre più affermando anche l’utilizzo di<br />
strumentazione derivata dalla ricerca geofisica,<br />
messa a punto per motivi scientifici,<br />
ma soprattutto nell’indagine petrolifera<br />
offshore (posa e installazione di condotte<br />
sottomarine). È in quest’ambito che<br />
si è deciso di verificare l’utilizzo della strumentazione<br />
acustica e magnetometrica del<br />
CEOM per la ricerca di reperti e testimonianze<br />
dei naufragi avvenuti nel mare delle<br />
Egadi.<br />
L’indagine sperimentale ha sicuramente<br />
consentito di verificare che la strumentazione<br />
elettroacustica è in grado di ricostruire<br />
l’andamento morfologico e batimetrico<br />
del fondale con una risoluzione<br />
idonea ad identificare “anomalie di conformazione”<br />
che fanno ipotizzare la presenza<br />
di eventuali reperti.<br />
Perché utilizzare questo tipo di strumentazione?<br />
Intanto perché le osservazioni<br />
visive condotte su aree estese non sono<br />
sempre di facile comprensione. Molta<br />
parte del patrimonio archeologico è sommerso<br />
per cui l’ambiente può creare un<br />
ostacolo alla visione diretta del target.<br />
Inoltre questa strumentazione permette<br />
di coprire aree molto grandi in tempi relativamente<br />
brevi, arrivando abbastanza<br />
facilmente anche alle alte profondità, ed<br />
evitando dunque l’utilizzo di minisommergibili.<br />
In tal modo si è ottenuto un<br />
abbassamento dei costi di gestione rispetto<br />
a qualsiasi campagna di ricerca effettuata<br />
solo con metodi tradizionali visivi.<br />
In breve tempo è stato quindi possibile<br />
in una determinata area “escludere” vaste<br />
zone prive di interesse e concentrarsi solo<br />
dove si sono riscontrate le anomalie più<br />
significative.<br />
Pertanto i metodi di osservazione visivi,<br />
che comunque rimangono indispensabili,<br />
si sono dimostrati preferibili a valle di<br />
indagini a più ampia scala, in modo da<br />
poter effettuare controlli puntuali più accurati<br />
su target risultati sospetti.<br />
Va comunque ancora sviluppata la capacità<br />
interpretativa del segnale elaborato<br />
aumentando gli spazi di collaborazione<br />
tra operatore allo strumento e archeologo,<br />
e questo soprattutto per migliorare<br />
criteri di calibrazione della strumentazione<br />
stessa, per realizzare il piano di navigazione<br />
(zone di interesse, rotte, interlinee,)<br />
e per definire criteri e obiettivi della restituzione<br />
cartografica.<br />
Quest’ultima risulta importantissima come<br />
base georeferenziata dei siti di interesse<br />
e mappa per pianificare le indagini puntuali<br />
di dettaglio.<br />
È stata dunque messa a punto una modalità<br />
di condurre un’indagine completa<br />
che potrà essere adottata anche in proposte<br />
successive.<br />
L’utilizzo del magnetometro ha fornito<br />
buoni risultati in termini di anomalie magnetiche<br />
rilevate, soprattutto nella zona a<br />
fondale prevalentemente sabbioso tra Torre<br />
S. Teodoro e Punta Scario, mentre nella<br />
zona tra Punta Scario e Punta Stagnone<br />
non sono state registrate significative<br />
variazioni.<br />
163 Relazione finale dell’attività ricognitiva strumentale